Al pari della Germania di Guglielnio II, anche l'Austria-Ungheria si era trovata nel novembre 1918 stremata e vinta, ma al suo sconvolgimento politico si accompagnarono le rivoluzioni nazionali in cui scomparve l'antico impero degli Asburgo. I due pilastri che avevano sostenuto l'immenso edificio, l'Austria e l'Ungheria, divennero indipendenti ma con un territorio ridottissimo: quale grande Potenza, l'Austria-Ungheria annoverava cinquantadue milioni di abitanti; la nuova Austria ne aveva soltanto sei e la nuova Ungheria otto. E dei sei milioni di Austriaci, un buon quarto era accentrato a Vienna. L'immenso sforzo bellico e la frattura della sua unità economica provocarono in Austria una grave crisi e una lunga carestia. Anche qui, come in Germania, alla caduta dell'impero i socialdemocratici presero le redini del governo e molti si attendevano dalla loro ala radicale una rivoluzione e un regime di stampo sovietico. Nulla pareva pù probabile in quel Paese vinto e affamato, eppure la rivoluzione di tipo bolscevico non si verificò. Al contrario degli operai, e all'opposto dei contadini russi, il contadino austriaco non volle saperne del comunismo. Per di più, a quel tempo rifornimenti di viveri, combustibili e materie prime dipendevano totalmente dagli Alleati, onde era facile prevedere che una rivoluzione di tipo comunista avrebbe provocato un blocco da parte alleata e probabilmente l'intervento armato di qualche Paese confinante. Le prime elezioni del dopoguerra, nel febbraio 1919, non riuscirono ad esprimere una maggioranza socialista, cosicchè la politica austriaca degli anni venti fu una guerra di posizione tra i cristiano-sociali, cattolici e conservatori, e i socialdemocratici arroccati essenzialmente a Vienna. In un primo tempo i socialdemocratici e persino gran parte dei partiti borghesi stimavano la nuova Austria troppo piccola e troppo accentrata nella capitale per poter riuscire a costituirsi un'indipendenza economica e auspicavano quindi l'unione alla Germania. Ma i criteri di equilibrio politico opponevano nettamente gli Alleati, specie la Francia e l'Italia, a qualsiasi idea di unione. Perciò, nonostante gli aiuti internazionali, l'Austria era in preda a un marasma economico che aggravava ancor più la tensione politica. Infine, nel marzo 1933, il cancelliere cristiano-sociale Engelberto Dollfuss pervenne a consolidare il suo potere dando inizio a un periodo di autocrazia che, d'altronde, era in certo modo la conditio sine qua non per sostenere la lotta contro i tentativi nazisti di annessione. Nel febbralo 1934 le organizzazioni operaie vennero sciolte con la forza, seppure dopo alcuni giorni di resistenza a Vienna e in altri centri industriali.