LA REPUBBLICA DI WEIMAR.

In Germania, crollato il Reich nel novembre 1918, il potere venne assunto dai socialdemocratici. Per decenni essi avevano costituito la più forte opposizione all'impero bismarckiano, ma al momento dell'improvvisa ascesa non trovarono la forza o il coraggio di fare la rivoluzione progettata da lungo tempo. Per contro, l'ala sinistra del movimento operaio, i socialdemocratici indipendenti e gli spartachisti (nocciolo del futuro partito comunista tedesco) , erano travagliati dalle correnti rivoluzionarie miranti a uno sconvolgimento sociale sull'esempio russo e all'instaurazione di un regime sovietico. Consigli di operai e di soldati si andavano formando un po' dappertutto. A un certo momento sembrò che la rivoluzione dovesse attecchire nella Germania industriale anche meglio che fra le masse contadine russe, torpide e primitive.I capi socialdemocratici invece riluttavano alla prospettiva di un totale capovolgimento sociale in quanto non erano realmente rivoluzionari, nè per temperamento nè per formazione ed inoltre avevano già molto da fare per mantenere in piedi il Paese combattendo il caos. L'ora non era certo la più adatta agli esperimenti e alle avventure politiche, che avrebbero potuto trascinare in una situazione anche più grave della disfatta, del crollo dell'impero e della carestia. II govemo di Ebert non osò socializzare l'industria nè frazionare le vaste proprietà dell'Est. Ebert era convinto che l'esercito fosse la sola forza capace di mantenere l'ordine e di impedire all'occorrenza un colpo di Stato comunista, quindi fu subito proclive a collaborare con lo Stato Maggiore. II governo potè così reprimere la tentata rivolta dei gruppi spartachisti berlinesi, nei primi giorni del 1919. Carlo Liebknecht e Rosa Luxemburg vennero arrestati e uccisi. Anche altrove, specie in Baviera, dove era stata proclamata la repubblica sovietica, le agitazioni di carattere comunista furono drasticamente represse, di modo che in primavera Ebert aveva ormai stroncato il movimento di sovietizzazione della Germania. Il prestigio dei Consigli operai si andava sempre più affievolendo a tutto vantaggio delle autorità, tanto che già il 19 gennaio la neo-eletta Assemblea costituente esprimeva una maggioranza di fautori della democrazia borghese. La conferma venne con la nuova costituzione approvata a Weimar che era , sulla carta , un modello di costituzione democratica, fatta per garantire i diritti e le libertà dei cittadini in una Germania retta a regime parlamentare. Senonchè l'articolo 48 avrebbe purtroppo assunto una grave importanza storica: esso prevedeva che, ove la sicurezza dello Stato fosse posta in pericolo, il presidente aveva facoltà di prendere provvedimenti d'emergenza aventi valore di legge. In tal modo la costituzione permetteva a un uomo di paralizzare il regime scavalcando virtualmente il Parlamento: nel 1933,consenziente Hindenburg, Hitler si sarebbe valso dell'articolo 48 nel modo che tutti sanno. Primo presidente della repubblica di Weimar fu il socialdemocratico Ebert, avendo come cancelliere il compagno di partito Scheidemann. Nel maggio 1919 si ebbe già la prima crisi, per la ratifica del trattato di Versailles. Lo stesso Scheidemann si dimise in segno di protesta, mentre la cerchia conservatrice, e i militari in ispecie, manifestavano una recisa opposizione e una profonda amarezza. Eppure non v'era altra soluzione e il trattato venne firmato da Ebert il 28 giugno 1919. Nondimeno, i socialdemocratici non avrebbero mai finito di sentirselo rimproverare, giacchè in seguito la propaganda conservatrice e reazionaria fondò tutta la sua azione sullo slogan del "giorno funesto" . Comunque il problema dell'adempimento, dell'Erfullung, divenne il punto cruciale della politica tedesca: si doveva applicare lealmente il trattato, soprattutto in materia di riparazioni, ovvero sabotare il Diktat? Un avvenimento del marzo 1920 illustra perfettamente la situazione: un folto gruppo di ufficiali e di politici tentò un colpo di Stato a Berlino e il presidente Ebert dovette rifugiarsi a Dresda con il governo. Ma fu soltanto un breve interludio poichè l'irresolutezza dei congiurati permise ai sindacati operai di spazzare il nuovo regime con un riuscito sciopero generale: in pochi giorni tutto crollò come un castello di carte. D'altra parte, le prime elezioni generali della repubblica confermarono nel giugno uno slittamento dell'elettorato verso destra. Dopo i comunisti, anche gli estremisti di destra muovevano guerra alla repubblica parlamentare ed anzi la minacciavano più seriamente. Le conseguenze dirette della guerra e il problema delle riparazioni ponevano il Paese in una situazione difficilissima. L'ammontare del carico fu precisato nell'aprile del 1921: la Germania avrebbe dovuto pagare 132 miliardi di marchi oro, nonchè un'indennità speciale di 6 miliardi al Belgio, in rate di due miliardi l'anno, oltre al 26 per cento delle valute ricavate dalle esportazioni. Tale pretese suscitarono indignazione: l'estrema destra suonò a raccolta contro il governo e ricorse a tutte le armi possibili, compreso il terrorismo. Nacquero società segrete di nazionalisti che ripristinarono i Femgerichte (tribunali della Santa Fema) resi famosi dalla giustizia sommaria esercitata verso la fine del Medioevo. Parecchi noti uomini politici, fra i quali Mattia Erzberger e Walter Rathenau, caddero sotto i colpi dei loro sicari. Frattanto il governo tedesco si batteva tenacemente con i vincitori per ottenere se non la riduzione almeno una proroga dei pagarnenti, ma per molto tempo non conseguì alcun risultato; nel 1923 truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr per costringere i Tedeschi a pagare gli arretrati, ma la popolazione reagì con la resistenza passiva e con gli scioperi nelle officine requisite a garanzia. Si ebbe persino una serie di cruenti scontri fra le truppe di occupazione e i resistenti tedeschi. L'occupazione ebbe comunque conseguenze disastrose per la finanza germanica in quanto causò un'inflazione tale da degenerare in una autentica follia monetaria. Già nel corso della guerra il governo aveva dilatato 1'emissione della moneta cartacea per fronteggiare la spesa delle operazioni militari, tanto che tra il 1914 e il 1919 la circolazione fiduciaria era salita da sei a oltre trentatre miliardi di marchi. Nei primi anni successivi all'armistizio la tendenza non era cambiata stante che lo Stato non riusciva a coprire le spese con il gettito fiscale: all'inizio dell'occupazione il dollaro era quotato a diecimila marchi, ma tre settimane dopo ne valeva già cinquantamila. La perdita del grande bacino industriale e il finanziamento della resistenza passiva diedero il colpo di grazia a un'economia stremata: nell'estate 1923 il dollaro saliva a centomila marchi, poi a un milione, poi a dieci milioni; al1'inizio dell'autunno trentanove cartiere e 1782 stamperie non fabbricavano altro che carta moneta. In quel momento un dollaro costava novantanove milioni di marchi, mentre una scatola di fiammiferi o un francobollo costavano diversi milioni. Le paghe venivano corrisposte giornalmente ragguagliandole al listino di chiusura di Borsa e ciascuno correva a convertirle in generi di consumo, il cui prezzo saliva di giorno in giorno, di ora in ora. A un certo punto, questa ridda divenne tanto vertiginosa da far aumentare il corso del dollaro di 613.000 marchi il secondo. II governo arrestò 1'inflazione nel novembre 1923 stabilendo un corso del dollaro in 4,2 miliardi di marchi oro, vale a dire un miliardo di volte più alto che al principio dell'inflazione, e creò una nuova unità monetaria, il Rentenmark, pari ad un miliardo di volte il vecchio marco. Questo Rentenmark era coperto da una Grundschuld (debito ipotecario ovvero obbligazione fondiaria) del 4% su tutte le proprietà agricole, forestali e industriali dell'intero territorio tedesco. In tal modo, i risparmiatori erano chiamati a sopportare con effetto rirardato il peso dei debiti di guerra. Prima di essa le banche tedesche disponevsno globalmente di circa trenta miliardi di marchi oro; dopo la stabilizzazione del 1923 non ne avevano più di un quarto. Ovviamente i più colpiti furono i ceti medi, nei quali un demagogo come Adolf Hitler avrebbe trovato i più fedeli sostenitori, sebbene l'8 novembre avesse fomentato a Monaco un putsvh pietosamente fallito. Nonostante tutto ciò, i primi anni che seguirono la riforma monetaria arrecarono una certa stabilità e normalità della vita economica e politica, sia in Germania che in Europa. La Francia, dove i valori sembravano voler seguire la stessa curva ascensionale, capì di aver tirato troppo la corda. E gli Inglesi, che non avevano mai approvato l'occupazione della Ruhr nè in genere l'atteggiamenro francese in materia di crediti, intervennero per tentare una conciliazione. Gli Americani, che avevano frattanto abbandonato la Commissione delle riparazioni, si affiancarano ai Britannici per addivenire a una sistemazione piu razionale dei problemi monetari e fecero studiare un nuovo piano al finanziere Dawes. Questo non portava tuttavia che a una soluzione provvisoria; non fissava l'ammontare delle riparazioni, ma stabiliva che la Germania versasse annualmente per un primo quinquennio un miliardo e poi 2,5 miliardi di marchi oro. Premesso che tali pagamenti non dovessero minacciare la stabilità del nuovo marco, venne pretesa però la garanzia che i creditori dovessero controllare determinati cespiti, quali gli introiti delle ferrovie e delle dogane; la stessa Reichsbank fu posta sotto controllo alleato. A titolo di capitale iniziale, la Germania avrebbe ricevuto valute estere per ottocento milioni di marchi oro, da servire in primo luogo per mantenere la stabilità del marco. Il quinquennio seguente portò un miglioramento in molti campi. L'economia tedesca si risollevò presto, soprattutto mediante gli enormi prestiti concessi allo Stato, ai comuni e agli industriali, essenzialmente da fonti americane. Le rate delle riparazioni poterono essere versate senza eccessiva fatica, determinando la conseguenza immediata di una certa distensione politica. Frattanto, sia in Francia che in Germania, il potere passava ad uomini più proclivi alla riconciliazione e alla collaborazione, in primo luogo il ministro degli esteri Aristide Briand e il suo collega tedesco Gustavo Stresemann. Entrambi si adoperarono per allentare la tensione franco-tedesca che tanto preoccupava l'Europa ed ottennero risultati molto positivi. L'evento più importante di quell'epoca fù l'accordo di Locarno del dicembre 1925, che si articolò in due trattati: con il patto del Reno la Germania, il Belgio, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia s'impegnavano a garantire le frontiere franco-tedesca e germano-belga. I problemi controversi fra Germania, Francia e Belgio sarebbero strati risolti mediante arbitrato. La Renania sarebbe rimasta smilitarizzata. Nel caso di aggressione da parte di un altro Stato la Germania, alla Francia e al Belgio, la Gran Bretagna e l'Italia sarebbero accorse in aiuto dei Paesi assaliti. L'altro trattato, il "patto dell'Est ", sanciva l'accordo delle parti riguardo all'arbitrato tra la Germania e la Polonia con la Cecoslovacchia: qualsiasi minaccia o attacco a uno di questi due Paesi avrebbe provocato l'immediato intervento Francia. Gli Inglesi non vollero impegnarsi a garantire le frontiere orientali, ma promisero invece il loro sostegno alla Francia e al Belgio nell'ipotesi di un nuovo attacco tedesco. Il che, unitamente allo spontaneo impegno tedesco di non rioccupare la Renania, dava in certo modo alla Francia quella sicurezza che era stata da sempre il suo obiettivo essenziale. Per tanto i Francesi dimostrarono maggiore elasticità in materia di diritti giuridicamente derivanti dal trattato di Versailles, specie con l'evacuazione della Renania nel 1930, ossia cinque anni prima del termine previsto. Ciò, comunque, dopo una revisione dell'accordo sulle riparazioni e la sostituzione del piano Dawes con un altro, opera di Owen D. Young, finanziere americano.In esso veniva stabilita la cifra definitiva delle riparazioni: la Germania avrebbe dovuto pagare in totale centosedici miliardi di marchi oro, in cinquantasette annualita. Succssivamente gli Alleati ridussero ulteriormente le loro pretese a trenta miliardi, che alla fine la Germania non pagò affatto.