MUSSOLINI E IL FASCISMO.

Secondo gli Americani, la grande guerra era stata fatta " per assicurare la democrazia nel mondo ". E nel 1918 lo scopo poteva sembrare raggiunto: le grandi democrazie occidentali avevano conseguito la vittoria, mentre i vecchi regimi assolutisti germanico, austro-ungarico, russo e turco erano stati abbattuti e dovunque sorgevano repubbliche dotate di costituzioni moderne, teoricamente esemplari. Ma il processo democratico spesso non era che una parvenza e in molti Stati dell'Europa orientale, retti sia a monarchia sia a repubblica, l'ora dei regimi autoritari sarebbe suonata presto. Pure, fu nel mezzogiorno d'Europa, proprio in Italia, che prese forma la prima dittatura moderna di tipo fascista, un totalitarismo di ideologia e di tecnica nuove, un governo fondato sull'antica tradizione autoritaria del potere regio autocratico, deciso a soppiantare la democrazia parlamentare di tipo occidentale. La guerra aveva immiserito il Paese che, sebbene vincitore, ne usciva scontento dei risultati. Gli Italiani, si diceva, avevano vinto la guerra e perduto la pace. A molti gli acquisti territoriali sembravano insufficienti e fra l'altro pareva che I'ltalia fosse stata giocata nella spartizione delle colonie, per cui venne coniato lo slogan " vittoria mutilata ". Lo sforzo bellico sostenuto determinò una crisi economica profonda aggravata da allarmanti agitazioni sociali, mentre cresceva l'ascendente comunista sul movimento operaio.Sembrava che la rivoluzione fosse imminente. Le organizzazioni operaie, in vista di un conflitto decisivo, optarono per l'occupazione delle fabbriche piuttosto che per gli scioperi e la borghesia si sentì gravemente minacciata. Invero, lo sciopero era un'arma di scarsa efficacia nel momento in cui il tracollo dei prezzi rendeva difficile smerciare la produzione, perciò i lavoratori tentarono la carta dell'occupazione delle officine; queste occupazioni si moltiplicarono nella primavera e nell'estate del 1920, ma finirono per risolversi negativamente perchè a lungo andare le maestranze non furono in grado di mantenere il ritmo di produzione, mancando dei " quadri " tecnici, dei crediti e degli indispensabili sbocchi. Fu un colpo duro per il movimento operaio, che cominciò a perdere la coesione e quindi la forza, finendo col scindersi nel 1921 nei due partiti socialista e comunista. II generale malcontento fu per il fascismo il terreno piu fertile, ma concorse a favorirne lo sviluppo anche e non poco la democrazia parlamentare, paralizzata dalle sterili lotte dei partiti e incapace di rappresentare veramente un popolo che, per la sua stessa recentissima unità nazionale, non aveva ancora acquisito un'effettiva maturità sociale e coscienza politica. II 23 marzo 1919, a Milano, Benito Mussolini dava vita ai Fasci di combattimento, coacervo di scontenti e miscuglio di ideologie eteroclite. Mussolini era nato nel 1883 in Romagna da padre fabbro e da madre maestra. Destinato anch'egli all'insegnamento, preferì le vicissitudini di una vita avventurosa ed espatriò in Svizzera, dove lavorò manualmente, anche da muratore, attendendo nel contempo agli studi e alla politica. Data la provenienza da un ambiente radicale e rivoluzionario, si inserì molto presto nel movirnento operaio, rivelandosi efficace giornalista e oratore. Nel 1911 fu arrestato per propaganda contro la guerra di Libia; l'anno successivo entrava nella direzione del partito socialista e veniva nominato direttore del giornale "Avanti". Iniziò allora una campagna rivoluzionaria, disinteressandosi delle riforme ottenute conmezzi pacifici. Non dedicava che sarcasmi al parlamentarismo e ai compromessi insiti nel sistema; predicava la violenza e i suoi discorsi non cercavano di convincere, bensì di spronare all'azione rivoluzionaria. Poco dopo lo scoppio della guerra mondiale criticò violentemente la politica neutralistica del partito, caldeggiando l'intervento italiano come primo passo verso la rivoluzione sociale. In una drammatica riunione, il partito socialista lo dimise dall' "Avanti" e lo espulse, ma Mussolini seppe trovare i mezzi per fondare un giornale proprio cui diede il nome di "Il Popolo d'Italia", nel quale continuò la sua battaglia politica personale, nazionalistica e rivoluzionaria. Quella miscellanea di postulati, che andavano da un socialismo sui generis a un nazionalismo esasperato, da una " tendenza " repubblicana a una statolatria totalitaria, a un anticlericalismo di maniera, e che poi sarebbe sfociata in un monarchismo esteriore, in un concordato con il Vaticano in un dirigismo "corporativo " e in una reminiscenza di romanità, ma soprattutto in un culto della personalità e nel cesarismo riuscì a far lievitare intorno al nuovo condottiero, al " duce ", tutto il malcontento e i rancori, le ambizioni e le violenze, che finirono per prevalere sulla legalità e diedero all'ltalia un disastroso ventennio, nutrito di una politica di errori e di avventure culminate nell'infausta guerra mondiale. Non solo, ma l'esempio di Mussolini attecchì anche in Germania, dove un movimento protestatario e totalitario analogo prese il nome di "nazionalsocialismo " e cristallizzò, come vedremo, intorno ad Hitler tutto ciò che di peggiore, di inqualificabile, di patolagico e di aberrante poteva covare sotto le ceneri revansciste del militarismo e del razzismo tedesco. II movimento mussoliniano., fondato, come si è detto, il 23 marzo 1919, raccoglieva gli elementi più disparati, conservatori, socialisti, anarchici, ex-arditi di guerra e studenti, sotto il comune denominatore del nazionalismo e del dispregio del Parlamento, e voleva imporre con la forza la propria volontà riguardo ai problemi del momento. E' per lo meno difficile, tuttavia, comprendere come potessero conciliarsi la spregiudicatezza e il cinismo degli " squadristi ", l'esteriore romanità del saluto a braccio teso, del ripudio del " Lei ", l'orgia littoria di fasci e labari, di gradi militari, dal milite a dux, con la nota dominante dell'antico mondo romano: il religioso ossequio della legge. La prima elaborazione programmatica del movimento era oltremodo radicale: postulava una nuova costituzione, l'adozione di imposte progressive sui maggiori redditi, profonde riforme sociali e persino una sorta d'incameramento graduale dei patrimoni ereditari da parte dello Stato. Facendosi forte dei suoi precedenti rivoluzionari, Mussolini disputava ai socialisti il favore delle masse lavoratrici con tesi che non erano soltanto estreme ma anche (e lo sarebbero divenute sempre più) chiaramente demagogiche. Pur di ingiossare comunque le file dei fasci sosteneva a spada tratta l'occupazione delle fabbriche e nel contempo pretendeva una politica estera di acceso nazionalismo,osteggiava la monarchia e avversava la Chiesa. Non riuscì tuttavia ad accattivarsi le masse e dalle elezioni di autunno il fascismo uscì sconfitio, mentre trionfava il partito socialista, seguito da quello " popolare ", un partito cattolico a carattere operaio di recente costituito da Don Luigi Sturzo. Ma i vincitori non seppero valersi accortamente del successo e la situazione cambiò di molto dopo le agitazioni del 1920, perchè Mussolini seppe manovrare abilmente e trasformare il fascismo in un movimento di massa. Qualcuno disse che " un esercito senza capo aveva trovato un capo senza esercito ". Mussolini aveva trovato la propria base nei ceti medi, la classe sociale più duramente colpita dalla crisi, allarmata dal successo comunista in Russia e dall'occupazione delle fabbriche, schiacciata tra il martello dei lavoratori organizzati e l'incudine del capitalismo. Intanto, come si è visto, il movimento operaio aveva fallito l'azione rivoluzionaria e nel congresso socialista di Livomo del 1921 avvenne la scissione dell'ala massimalista che si costituì in partito comunista. Nello stesso momento la classe media prendeva l'offensiva, invocando sempre più altamente l' " uomo forte " che avrebbe posto rimedio alla situazione. L'appello era evidente, ma per assumere la guida della classe media Mussolini avrebbe dovuto capovolgere la propria politica; lo fece senza esitare, scartando ogni dottrina che creasse difficoltà al conseguimento della meta reale: il potere. Pertanto ampi settori dei funzionari, piccoli commercianti, agricoltori, studenti e giovanissimi, conquistati dalla tribunizia predicazione, affluirono a schiere. Così, dal 1920 al 1922 il fascismo mutò completamente tono. Scomparsi tutti i punti radicali e rivoluzionari del programma originario (del quale fu persino proibita la pubblicazione), non rimasero che il nazionalismo: la glorificazione della forza e del Capo. II tascismo criticò aspramente il movimento operaio, la teoria della lotta di classe e in parte anche il liberalismo parlamentare, che definiva " marcio ", per giungere al punto di attaccare la democrazia in se stessa. Quest'offensiva provocò vivaci scontri, talora con veri aspetti di guerra civile, tra le squadre fasciste e le organizzazioni operaie. Gli squadristi, oppormnamente istruiti, sconvolgevano le riunioni degli avversari, ne devastavano le sedi di uffici e giornali, non arretravano di fronte all'omicidio. Intanto si coltivava sino all'isterismo la venerazione per il "duce". Nel 1920 aveva riassunto la presidenza del Consiglio Giovanni Giolitti. II vecchio uomo politico riuscì a risolvere, con il prestigio del suo nome, le questioni internazionali rimaste in sospeso (in particolare il problema di Fiume, con la firma del trattato di Rapallo con la Jugoslavia nel novembre del 1920), ma si dimostrò impotente di fronte alla grave crisi interna. Altrettanto vani si rivelarono gli sforzi dei deboli governi succedutisi dopo la sua caduta (Bonomi e Facta), cosicchè, quando Mussolini decise di far marciare sulla capitale i propri squadristi, non trovò praticamente ostacoli. II re rifiutò di firmare lo stato d'assedio debolmente patrocinato dal Facta e la sera del 28 ottobre 1922 convocò a Roma Mussolini, affidandogli l'incarico di formare il nuovo govemo.In pochi giorni venne costituito il ministero, al quale partecipavano soltanto quattro fascisti, gli altri membri essendo "popolari " e liberali. Affidandogli la responsabilità del potere, le vecchie volpi della politica credevano di tenere per la gola il capo del fascismo, in minoranza nel Parlamento e nel governo. Ma si sbagliavano grossolanamente perchè ormai il fattore decisivo non era più il Parlamento. I fascisti erano padroni della piazza e l'Italia viveva secondo il diritto del più forte. Mussolini presidente del Consiglio era in grado di dichiarare alla Camera: "... Potrei fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco per i miei manipoli ".Tuttavia la dittatura fascista non si instaurò di punto in bianco ma venne imposta man mano al popolo e allo Stato. Una nuova legge elettorale, pressioni e corruzioni d'ogni genere davano nell'aprile 1924 i due terzi dei seggi alla " lista nazionale " presentata dai fascisti. Ciononostante, il 30 maggio il deputato socialista Giacomo Matteotti ebbe il coraggio di denunciare con un grande discorso alla Camera le violenze e i brogli commessi per carpire la vittoria; pochi giorni dopo veniva trovato in aperta campagna, assassinato da sicari delle camicie nere. L'omrcidio sollevò nel Paese un'ondata di indignazione e pose in immediato pericolo il nuuvo regime, che riuscì comunque a salvarsi, anche per l'errore dell'opposizione che addivenne alla decisione, nobilissima in sè, ma controproducente agli effetti politici, di " ritirarsi sull'Aventino ". Mussolini potè così predisporre nel 1924-25 il virtuale colpo di Stato che instaurava la dittatura. La stampa di opposizione venne imbavagliata, il diritto di associazione abolito, le garanzie statutarie annullate. I posti chiave vennero affidati a fascisti. Nuove leggi e tribunali speciali " per la difesa dello Stato " permisero di punire i dissenzienti, i " rei di attività sovversiva ", con il carcere, il confino e anche con la morte. II "duce " riassumeva nelle proprie mani tutti i poteri e la sua volontà faceva legge, con l'ausilio di una potente polizia che ne curava il rispetto. Soltanto allora il partito fascista si preoccupò di elaborare una propria ideologia. Fino a quel momento l'azione aveva concesso ben poco posto alle idee e ai principi, considerati inutili remore. " Ci si chiede quale sia il nostro programma: è semplicissimo: vogliamo govemare I'ltalia ". L'azione precedeva dunque la norma e anche il motivo, ciò che dimostra chiaramente il carattere irrazionale del movimento, la sua avversione ad ogni formulazione intellettuale. La stessa ideologia adottata dopo la conquista del potere, che non a caso si volle poi chiamare " mistica ", non fu un sistema logico di concetti e di principi, ma un accostamento di " miti " intesi a stimolare le volontà e raccogliere le energie: vi predominavano il nazionalismo più sfrenato, aggressivo e imperialista, e con esso il culto dello Stato. La rappresentanza della nazione veniva svuotata di ogni significato e, del resto, finì per scomparire completamente: alla democrazia parlamentare fu sostituito lo Stato corporativo, fondato sulle organizzazioni di categoria professionali, industriali, agricole, commerciali, sindacali, ecc. In realtà le corpotazioni non erano autonome, anzi, dirette da fascisti, non erano altro che ingranaggi bene oleati della gran macchina per governare l'Italia e gli Italiani. Il regime era anzitutto autoritario in quanto ogni potere promanava dal " duce " per discendere tra le gerarchie fasciste, e totalitario in quanto lo Stato dominava tutti i campi della vita sociale: corporativo e sindacale, educativo e culturale. Tutto veniva operato per costringere l'individuo all'obbedienza, per condizionarne la vita intellettuale e affettiva. La dottrina che Mussolini inculcava ai connaziunali aveva un poco di Machiavelli e di Hegel, non poco Nietzsche, un pizzico di sindacalismo e abbondante nazionalismo. La logica vi appariva di straforo ma, e questo era l'essenziale per i suoi fautori,bisognava servirsene come di un mito, di una fede cieca che spronasse all'azione. L'opposizione perse ogni vigore dopo il delitto Matteotti e fu posta rapidamente a tacere; molti dei suoi esponenti furono costretti a rifugiarsi all'estero dove vennero fondati numerosi movimenti anrifascisti. In campo interno, tuttavia, il prestigio di Mussolini risultò indubbiamente accresciuto dalla risoluzione definitiva, con la Conciliazione del 1929, della questione romana, che dal 1870 aveva negativamente condizionato i rapporti fra Stato e Chiesa, e dall'attuazione di grandiose opere pubbliche. Quanto alla politica estera, ispirata per lo più personalmente da Mussolini, essa non fu aliena da incertezze e contraddizioni: da una parte colpi di forza piuttosto teatrali, come l'occupazione di Corfù nell'agosto 1923 e deciso orientamento per una revisione delle clausole di Versailles; dall'altra una cura particolare nel mantenere buoni rapporti con le Potenze occidentali, specialmente con 1'lnghilterra, dalla quale d'altro canto erano venuti incoraggiamenti al nuovo regime.