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TESTATA RIVISTA


    M. P. De Gennaro,  Parità: Le richieste della Chiesa di Roma

     Circa la questione della parità scolastica, molto dibattuta da più parti politiche sociali, anche la Chiesa, com'era naturale che facesse, si è pronunciata con le sue più alte gerarchie. In proposito sono stati formulati diversi giudizi e avanzate più richieste esplicite.
     Qui di seguito si prendono in esame le più rappresentative: la proposta del Papa, Giovanni Paolo II, la richiesta della Conferenza Episcopale Italiana a nome del card. Camillo Ruini e la nota del card. Carlo Maria Martini.
     Il dibattito sulla scuola libera e sui suoi rapporti, presenti e futuri, con la scuola pubblica ha occupato, infatti, anche l'attenzione del Pontefice Giovanni Paolo II che, nel novembre del 1998, in un Messaggio ai partecipanti alla 52° Assemblea Nazionale della Federazione degli Istituti di Attività Educative, sostiene che la scuola libera costituisce un'occasione per la crescita culturale e per lo sviluppo democratico della società italiana. Dal testo del Messaggio del Papa emerge il profilo di una scuola cattolica ben caratterizzata nel suo progetto culturale e formativo, fondato sui valori cristiani. Nella concezione del Papa la scuola cattolica è qualcosa di più di una semplice scuola nella quale gli alunni crescono attraverso l'insegnamento, la conoscenza, il fare esperienze, l'educere. E' il luogo, come afferma la Gravidissimum educationis, che ha lo scopo di "dar vita a un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e di carità, di aiutare gli adolescenti perché nello sviluppo della propria personalità crescano insieme secondo quella nuova creatura, che in essi ha realizzato il battesimo e di coordinare infine l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, sicché la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede. La scuola cattolica, così intesa, s'inserisce nel sistema pubblico integrato dell'istruzione italiana, perseguendo l'obiettivo ultimo dell'evangelizzazione.
     Il Papa, in più punti del suo Messaggio, sollecita i docenti, religiosi e laici, ad attivarsi per fornire un servizio educativo finalizzato alla formazione integrale delle nuove generazioni, libero dagli influssi delle "forme di razionalità" ed orientato invece "verso la contemplazione della verità e la ricerca del fine ultimo e del senso della vita". Dunque, la sfida e il compito della scuola cattolica dovrebbero consistere nel formulare, sostenere e realizzare, anche in accordo con le famiglie, un "progetto educativo fortemente caratterizzato in senso cristiano".
     Gli elementi di forza e i volani di tele progetto sono individuati nelle competenze e nelle testimonianze quotidiane dei docenti della scuola cattolica. Gli educatori della scuola cattolica, siano essi religiosi o laici, devono offrire e garantire una formazione quantitativamente elevata, arricchita non solo dalle conoscenze necessarie, ma pure, e soprattutto, dal senso umano della storia e dalla capacità degli alunni di aderire, in maniera cosciente e responsabile, ai valori della tradizione culturale italiana e della fede cristiana.
     Il Papa è del parere che la scuola dovrebbe essere "laboratorio di cultura, esperienza di comunione e palestra di dialogo". Questa definizione, chiara nella sua articolazione, offre molti principi e nuclei tematici e di confronto. Nel dire che la scuola deve essere "laboratorio di cultura" il Papa è concorde con gli orientamenti metodologici e didattici della scuola pubblica italiana, organizzata per il raggiungimento dell'obiettivo di 'insegnare ad imparare' per perseguire l'autonomia culturale e cognitiva degli alunni. Nel disegno del legislatore e nel senso comune, inoltre, anche la scuola pubblica è un luogo dove si compiono molteplici esperienze di comunione e dove è possibile maturare anche grazie al confronto e al dialogo con l'altro da sé.
     Da questo punto di vista l'elemento che differenzia la scuola pubblica da quella cattolica è lo scenario dei valori di riferimento, laici e pluralistici gli uni, evangelici e cristiani gli altri. Nella visione del Papa la scuola cattolica dovrebbe fondare la sua azione pedagogica sullo spirito evangelico di carità e di libertà. In questo contesto, e così intesa, la scuola cattolica costituirebbe anche una garanzia per la promozione umana e per il dialogo tra le differenze e le molteplici religioni e culture che caratterizzano la società postmoderna, che assume, in maniera crescente, le sembianze di un grande mosaico multietnico.
     È ovvio che la scuola cattolica, per rispondere alle domande dell'utenza e per tener fede ai suoi compiti di formazione e d'evangelizzazione, deve provvedere a darsi un volto nuovo anche grazie alla "costante cura della propria specifica identità pedagogica e ideale". Il Papa sottolinea e precisa che è proprio questa connotazione ideologica ed evangelica che garantisce un servizio originale "ai credenti e ai non credenti". Il servizio sarebbe originale perché imperniato sui valori spirituali, sul modello d'umanità proposto da Cristo. Si ritiene, ciò insufficiente una formazione modulata solo sulla scienza e sulla tecnologia e si sostiene, in più punti e con molteplici affermazioni, che gli alunni devono essere guidati dall'esempio di docenti e di genitori, ad "intraprendere la grande avventura della vita in compagnia di Gesù Redentore". Dunque, accanto alla scienza e alla tecnica devono collocarsi nel curricolo anche discipline a sfondo religioso che diano il tessuto connettivo sul quale innestare tutti i contenuti disciplinari.
     Nell'ultimo dei quattro paragrafi in cui si articola il Messaggio, il pontefice apre un argomento di grosso interesse e di rilevante centralità, ossia la libertà di scelta del modello educativo. Il Papa unisce le sorti del sistema cattolico a quelle del sistema laico e statale, prevedendo la possibilità di articolare un "sistema pubblico Integrato dell'istruzione scolastica". Si sostiene chiaramente che solo se i genitori fossero messi in condizione di scegliere il modello educativo si potrebbe sostenere che il "sistema pubblico integrato dell'Istruzione scolastica" sia realmente efficiente, valido e qualitativamente rinnovato. Dunque il principio della libertà d'educazione è un elemento costitutivo delle richieste espresse dal Vescovo di Roma, il quale individua il fondamento di tale principio nella natura e nella dignità caratterizzante la persona. Proprio riflettendo sul valore in sé della persona, del suo preesistere, per confluire poi nelle organizzazioni sociali, appare chiaro e legittimato il diritto di cui ognuno gode all'autodeterminazione del proprio sviluppo e alla scelta dei mezzi necessari al raggiungimento di una formazione completa.
     Il principio di sussidiarietà viene ribadito e sintetizzato nel telegramma che il cardinale Sodano inviò all'associazionismo cattolico, nell'aprile del 1997, in occasione della manifestazione al Palavobis di Milano. Nel testo di poche righe si legge che il Sommo Pontefice, nel salutare le associazioni cattoliche e laiche riunite al Palavobis, auspicava che il primato della persona, il principi di sussidiarietà e i valori delle diffuse adesioni culturali della Nostra nazione fossero accolti nel futuro progetto formativo.
     La nota del Pontefice si chiude con due affermazioni ricche di senso e di significato, miranti a far focalizzare l'attenzione su alcuni concetti che si ritrovano anche in altre posizioni del mondo cattolico: necessità di qualità dell'offerta formativa scolastica e riconoscimento del valore della scuola libera per la crescita culturale e lo sviluppo democratico della società italiana.
     Al tema della parità hanno prestato attenzione anche i vescovi italiani che, durante il consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana del 21-24/09/1998, si sono lungamente interrogati sulle questioni socio-politiche e morali dell'Italia di fine secolo. Nel Comunicato finale dei lavori è riportato un passaggio indicativo del dibattito, riferito agli orientamenti della Chiesa di Roma in ordine alla situazione del Paese: nell'attuale contesto politico, sostiene la CEI, "è bene per la chiesa italiana non coinvolgersi in scelte di schieramento partitico, ma promuovere nei cattolici una sensibilità verso i valori morali in gioco sul fronte delle scelte legislative o amministrative".
     Anche il Cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza, nella prolusione, riprende questo concetto fondamentale, sostenendo che le circostanze del dibattito pubblico e le deliberazioni politico-amministrative sottolineano la necessità di valori e di principi di grande rilevanza umana e sociale.
     Nel novembre del 1998 il Cardinale Ruini, in un articolo apparso sul Corriere della Sera, ha espresso esplicitamente il pensiero dei vescovi, sostenendo che la parità scolastica si può realizzare pienamente soltanto con un contributo per alunno pari alla metà del costo sostenuto dalla scuola statale. Tale finanziamento, che ammonterebbe complessivamente a mille miliardi e 87 milioni l'anno (287 mila alunni delle scuole cattoliche per 3 milioni e 790 mila lire: la metà della spesa annuale per alunno sostenuta dallo Stato) peraltro risolverebbe soltanto in parte i gravi problemi che affliggono le scuole cattoliche, le quali, negli ultimi tempi e in numero considerevole, sono costrette a chiudere i loro battenti.
     Sempre a proposito di finanziamenti, attualmente i capitoli su cui si discute sono tre:

  1. le voci di spesa già presenti nelle precedenti leggi finanziarie (materne non statali, elementari private non parificate, università e istituti superiori non statali), e che di anno in anno vengono rifinanziate con qualche significativo aumento per la scuola materna;
  2. l'accantonamento di 346 miliardi previsto dalla Finanziaria 1998 per far partire la legge sulla parità scolastica;
  3. i fondi previsti dal disegno di legge del governo sulla parità.
     A queste proposte del Papa e del card. Ruini si sono opposte le forze politiche laiche ed anticlericali, avanzando a loro volta controproposte, non orientate al finanziamento diretto, pur riconoscendo la necessità di intervenire a favore dei soggetti più svantaggiati. Fra queste vanno citate quella dei Verdi e dei Democratici di sinistra che ipotizzano finanziamenti per il diritto allo studio agli allievi e alle famiglie. Il presidente della CEI sostiene che gli interventi per il diritto allo studio, pur riconosciuti come necessari, non possono essere ritenuti sufficienti a garantire l'effettiva parità scolastica tra istituti privati e statali.
     La Conferenza dei vescovi si è espressa anche sulla proposta di finanziare la scuola cattolica con l'innalzamento dall'8 al 9 per mille delle quote dell'IRPEF che i contribuenti destinano alla chiesa cattolica. In proposito, l'organismo ecclesiastico ha sostenuto, come ha illustrato mons. Incorra, delegato della presidenza della CEI per le questioni giuridiche, che "non sarebbe una soluzione conforme al quadro democratico perché discriminerebbe le scuole libere non cattoliche. Contrasterebbe con l'attuale sistema pattizio che regola i rapporti stato-chiesa e porterebbe a un finanziamento insufficiente da un punto di vista quantitativo".
     Il dibattito sulla questione della parità tra scuole pubbliche e scuole private è stato sostenuto anche dall'intervento del cardinale Martini, che si fa promotore di un sistema scolastico pubblico integrato. Dunque, pubblico e privato potrebbero coesistere in un unico sistema, uniti sotto il segno della qualità ed entrambi inseriti nella logica dell'autonomia.
     Con il riconoscimento del legame tra la questione della parità scolastica e il problema della qualità dell'intera scuola italiana si apre la Nota sul problema della parità scolastica, trasmessa dal cardinale Martini al Consiglio presbiterale della Diocesi di Milano il 1 dicembre 1998. In tale documento si sostiene che la Chiesa è attenta al mondo della scuola e sostenitrice dell'impegno di formazione umana e culturale proprio d'ogni scuola scuola, laica o cattolica che sia. È questo l'angolo di visuale dal quale, secondo il cardinale Martini, è corretto leggere l'interesse della Chiesa alla "parità tra scuola statale e scuola non statale e dei modi del sostegno economico a queste ultime".
     La proposta del Cardinale Martini supera i termini burocratici ed organizzativi della questione, e sollecita un'educazione fondata su valori forti, largamente condivisibili ed arricchiti dalla consapevolezza della fecondità del dialogo con gli altri. L'idea di fondo è che una corretta lettura del sistema scolastico pubblico integrato non possa prescindere dalla riflessione su tre binomi fondamentali, quali scuola-persona, scuola-cultura e scuola-lavoro. Al centro dell'attenzione è, dunque, la persona, che ha il diritto di svilupparsi nella sua piena libertà, comprensiva della possibilità di scelta dell'offerta formativa e scolastica.
     Nella Nota si legge che sulla questione della parità s'intrecciano motivi d'ordine pratico, quali il reperimento dei fondi economici, e motivi ideologici, radicati nella coscienza collettiva italiana e sostenuti da alcuni avvenimenti storici, tra i quali svolge un ruolo significativo l'assunzione del monopolio del sistema scolastico da parte dello Stato.
     Il cardinale martini individua anche tre precise antitesi che, a suo parere condizionano il confronto sulle questioni della parità scolastica e sulle decisioni in merito. Esse sono l'antitesi tra la concezione statalistica e il principio di sussidiarietà, l'opposizione di una visione laicistica ad una pluralistica ed infine, ma non ultima per importanza, l'antitesi tra una visione non religiosa e una visione religiosa dell'esistenza umana.
     Da un punto di vista ideologico, l'analisi è quanto mai esaustiva. Si fa riferimento all'art.33 della Costituzione italiana, diversamente interpretato dai sostenitori di una scuola cui provveda lo Stato e da chi, invece, ritiene che la clausola "senza oneri per lo Stato" non implichi il monopolio formativo dello Stato, ma tuteli il diritto degli Enti privati di istituire scuole ed istituti di educazione. I primi si fanno interpreti di una concezione statalistica, i secondi sono sostenitori del principio di sussidiarietà.
     Le antitesi visione laicistica-visione pluralistica, visione non religiosa-visione religiosa dell'esistenza, si riferiscono a scelte ideologiche di fondo: nella prospettiva laicistica è preferibile un'educazione laica e l'educazione confessionale, prevista anche per motivi socio-culturali, viene solo tollerata; nell'impostazione pluralistica sono garantiti diversi e molteplici interventi educativi, purché rispettosi dei diritti umani e di standard di qualità.
     È ovvio che un'interpretazione religiosa o non religiosa della vita dell'uomo abbia le sue ripercussioni nella definizione del modello educativo, in termini di finalità e di chiavi di lettura dei contenuti d'apprendimento.
     La parità consentirebbe, per il cardinale Martini, di scegliere tra le posizioni ideologiche sopra citate ed, eventualmente, decidere di aderire ad un progetto educativo fortemente caratterizzato in senso cristiano, così come sostiene il Papa nel suo Messaggio alla FIDAE.
     La proposta del cardinale Carlo Maria Martini è stata favorevolmente accolta da un vasto schieramento politico che ha apprezzato l'attenzione che il prelato ha posto nel ribadire l'essenzialità della scuola nella costruzione dell'identità umana.
     Leggendo la parte finale della Nota si viene, inoltre, quasi tranquillizzati dalla posizione dialogante che assume il cardinale, quando espressamente sostiene che "vale la pena di affrontare anche delle incomprensioni per una causa giusta ed urgente, che è per il bene di tutti. Occorrerà, in ogni caso, mantenere un atteggiamento dialogante, non rispondere con provocazioni a provocazioni, essere cauti e prudenti, accettare magari qualche gradualità nelle soluzioni. Comunque mi sembra importante salvare i principi, rimanere sul terreno della concretezza e non lasciarsi confondere da obiezioni e timori". Ed ancora, in un passaggio precedente il cardinale invita l'opinione pubblica a non assumere atteggiamenti di intolleranza "affinché coloro che fanno, di tale questione (parità scolastica), una bandiera laicista non si lascino prendere da tentazioni di violenza". Contro i "laicisti esasperati che rifiutano di affrontare il problema della parità e finiscono per creare ghetti" si è schierato anche il Ministro della Pubblica Istruzione, intervenuto all'ultima Assemblea della FIDAE. Berlinguer si riferisce ai "laicisti accecati dal 'senza oneri' " che ostacolano il riconoscimento delle scuole cattoliche. Ma l'attenzione del Ministro è anche rivolta alle scuole cattoliche alle quali chiede di "accettare il pluralismo religioso senza usare la scuola per confessionalizzare gli studenti" e di comprendere che "proporre soltanto il nodo della propria scuola nuoce alla stessa scuola cattolica". Nel suo intervento alla FIDAE Berlinguer ha sostenuto, in pieno accordo con l'istanza del cardinale Martini, che la questione della parità "si risolve se si fa l'intera riforma della scuola".
     Ritornando al testo dell'intervento di Martini va detto che le incomprensioni a cui il prelato fa riferimento sono, a suo avviso, legate anche al rischio di promozione esponenziale delle scuole private sul territorio a scapito di quelle statali; egli però sostiene che ciò non potrà accadere poiché, comunque, la scuola non statale non riceverà gli stessi sussidi della scuola statale. Altra finta preoccupazione è, per lui, la natura elitaria della scuola non statale, che svanirebbe offrendo a tutte le famiglie le possibilità economiche di accedere alle scuole private.
     In sintesi, il cardinale Martini è convinto sostenitore di un sistema scolastico integrato, in cui prevalga una visione fondata sul principio di sussidiarietà e di pluralismo, così come si addice ad una società democratica.
     La promozione di un tale tipo di sistema scolastico è sentita dalla Chiesa come servizio reso all'intera società, anche a tutela dei principi democratici.

 

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