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TESTATA RIVISTA


    G. Refrigeri,  Il ritorno della parità

     Sulla scia delle insistenti richieste di riforme e interventi a favore della scuola privata, avanzate da più parti e in primo luogo dalla Chiesa di Roma a partire dagli ultimi mesi dello scorso anno, si è reimposta all'attenzione del mondo politico, di quello culturale e scolastico italiani la questione della cosiddetta "parità scolastica". Questa, sebbene si presenti sotto le sembianze semplificate del superamento delle diversità tra scuola privata e scuola pubblica, che in pratica nel nostro paese si traduce nel superamento della disparità di condizione istituzionale tra scuola cattolica e scuola statale, più in profondità corrisponde alla questione ben più complessa e travagliata della ridelineazione del sistema scolastico italiano.
     Si tratta, com'è noto, di una vexata quaestio, antica di circa un secolo e mezzo, essendo insorta alla fine della seconda guerra di indipendenza, allorquando la scuola del Regno d'Italia prese a sostituire quella dello Stato Pontificio con l'espulsione dei Gesuiti dal Regno nel 1848 e la conseguente chiusura delle loro scuole e con l'immediato successivo processo di istituzionalizzazione e regolamentazione del sistema scolastico italiano avviato dall'allora ministro Gabrio Casati nel 1859. Da quei tempi risorgimentali ormai lontani ad oggi la questione non è stata mai risolta radicalmente, rimanendo, pertanto, sempre presente sulla scena della nostra storia scolastica e politico-culturale, talora momentaneamente sopita sotto le ceneri della controversia, tal altra emergente con grande fragore sulla spinta delle polemiche laico-cattoliche. Durante gli ultimi 150 anni la questione ha conosciuto soltanto tregue momentanee con i compromessi sanciti dai concordati del 1929, firmato da Benito Mussolini, e del 1984, firmato da Bettino Craxi, i quali, tuttavia, proprio per essere tali, non hanno soddisfatto definitivamente alcuna delle parti in campo. La Chiesa cattolica si dichiara tuttora insoddisfatta e preoccupata per i molti problemi che attualmente affliggono la scuola privata, sebbene con quei Patti abbia ottenuto considerevoli riconoscimenti e agevolazioni dallo Stato italiano [1]; lo Stato italiano, le forze politiche laiche e quelle anticlericali, dall'altra parte, sebbene abbiano fin qui ottenuto soddisfazione, non consentendo che la scuola privata ottenesse finanziamenti diretti, finanche nel cinquantennio di predominio democristiano, si mostrano decisamente allarmate per questo ritorno della "parità" e per le molte proposte di sostegno che oggi vengono formulate da più parti politiche e sociali, e si dichiarano decisamente contrarie a qualsiasi forma di contributo alla scuola privata.
     A quanto è dato constatare, il ritorno della questione della "parità scolastica" di questi ultimi mesi sembra più impetuoso di altre precedenti occasioni e alcune forze in si mostrano più decise nel richiedere e ricercare soluzioni a loro soddisfacenti. Basti rammentare che la questione ha costituito parte esplicita e significativa del programma del governo Prodi e che è stata riproposta parimenti in quello del governo D'Alema, reclamata con forza sia dal Partito Popolare Italiano che dall'Unione Democratica per la Repubblica, i due partiti di ispirazione cattolica che l'hanno posta come punto irrinunciabile per la loro partecipazione al governo. Da qui è scaturito il disegno di legge Berlinguer sulla parità, da circa 1 anno e mezzo in discussione nella VII commissione del Senato [2] e di qui la legge n. 448/98, la legge finanziaria 1999, nella quale sono previsti finanziamenti per la scuola materna per circa 900 miliardi in tre anni [3].
     Coinvolta in questo clima di acceso dibattito, anche ciascuna forza politica, sia della maggioranza che dell'opposizione, cattolica o laica, inevitabilmente si trova alle prese con questa complessa e delicata questione, che, sebbene per più aspetti costituisca sul piano politico (e soprattutto elettorale) una vera castagna bollente per tutti e ancor più per il governo, non sembra che sia stata considerata nella sua vera portata istituzionale e pedagogica [4].
     L'approccio della Chiesa di Roma risulta in parte diverso da quello delle forze politiche, in quanto, oltre che soffermarsi sull'immediato, reclamando interventi di sostegno concreto per la scuola privata, in gran parte cattolica [5], si porta ben al di là delle soluzioni provvisorie, proponendo interventi di riforme ben più complessi e significativi con i suoi più illustri rappresentanti. Per reclamare risposte nell'immediato si è pronunciato il card. Camillo Ruini, presidente della CEI, il quale in un'intervista rilasciata alla stampa ha richiesto un vero e proprio finanziamento diretto di lit. 3 milioni e 790 mila per ogni allievo della scuola privata, che corrisponde alla metà dell'importo di lit. 7 milioni e 580 mila speso dallo Stato per ciascun allievo della scuola pubblica. Essendo gli alunni delle scuole cattoliche 287 mila circa, l'importo complessivo annuo richiesto dall'alto prelato ammonterebbe a lit. 1000 miliardi e 87 milioni [6].
     Per soluzioni più ampie e significative del problema si è pronunciato il pontefice, Giovanni Paolo II, il quale ultimamente ha rinnovato la sua proposta di un sistema scolastico pubblico integrato fra scuola pubblica e privata, sostenendo che esso è la "condizione indispensabile perché l'istituzione scolastica sia strumento moderno ed efficace di formazione e fattore di progresso per l'intera società" [7].
     La richiesta di soluzione del problema in questi termini è stata avanzata ancor più direttamente e ufficialmente dal segretario di Stato, card. A. Sodano, al presidente del consiglio dei ministri, Massimo D'Alema, nella sua recente visita in Vaticano dell'8 gennaio scorso. Nei giorni precedenti le feste natalizie del 1998, in un contesto di dibattito piuttosto acceso, su questa questione è intervenuto l'arcivescovo di Milano, il card. C. M. Martini pubblicando una "Nota" nella quale avverte tutta la complessità e l'importanza della questione, che va ben al di là dei rapporti fra scuola cattolica e scuola laica. Condividendo per molti aspetti la proposta del papa di un sistema scolastico integrato e pluralista, egli ha osservato che "la parità scolastica non è che un aspetto particolare di un problema immenso. Quando la Chiesa parla di scuola, deve sempre far intendere la sua preoccupazione fondamentale per tutta la scuola, e quindi anzitutto per la statale..." [8]. Il card. Martini, come il papa, avverte che la questione attiene all'intero sistema scolastico e formativo e la sua soluzione comporta conseguenze di respiro ben più ampio delle semplicistiche soluzioni avanzate dalla maggior parte delle forze in campo. Proprio in considerazione della complessità della questione, l'alto prelato ha invitato a superare gli atteggiamenti umorali e le polemiche ingenerate anche dagli interventi poco felici del cardinale di Bologna G. Biffi e del vescovo di Como, A. Maggiolini. Il primo, soffermandosi sulle manifestazioni esteriori, qualche giorno prima, aveva definito "ignoranti incredibili e manipolati" e "cattivi profeti" gli studenti scesi nelle piazze di più città italiane per contestare la politica scolastica del governo; così il secondo, non ampliando i termini dell'analisi, di fronte alle manifestazioni studentesche aveva richiamato la memoria di tempi nefasti, evocando gli anni di piombo e della P 38 [9].
     Oltre agli ultimi governi, al variegato mondo politico e alla gerarchia ecclesiastica, il ritorno di questa antica questione ha indotto a scendere in campo anche i maitres a penser e il mondo associativo, che in forme pubbliche hanno preso posizione. Sul versante laico G. Bocca, A. Galante Garrone, P. Silos Labini e V. Laterza hanno steso il Manifesto per la antiparità e, da posizioni cattolico- e laico-liberali Dario Antiseri e altri hanno pubblicato il Manifesto per la scuola libera in libero Stato; la Fidae unitamente ad altre associazioni di scuole di ispirazione cattolica tra cui l'Aimc e l'Uciim, hanno rivolto una Petizione al parlamento italiano sottoscritta da circa 1 milione e mezzo di firme di genitori [10]. Entrambi gli schieramenti tuttavia, pur fornendo analisi in alcuni aspetti approfondite e giustificate da dati e argomentazioni valide, non sono penetrati nel cuore più proprio del problema, che come si va dicendo, è di natura più specificatamente pedagogico-scolastico, attinente prevalentemente all'identità e alla configurazione del sistema scolastico italiano, al suo significato sociale e politico nella società dei nostri tempi e non al semplice rapporto fra scuola dello Stato e scuola della Chiesa. Esso va ben al di là dello stesso dettato della Costituzione, richiamato da più parti in più occasioni, poiché è al di là delle singole questioni del finanziamento alle scuole private, di cui all'art. 33 della nostra Costituzione e del diritto allo studio, di cui all'art. 34.
     Non risulta, infine, neppure propria la coreografica e ormai ricorrente contestazione degli studenti, i quali in più occasioni sono scesi numerosi nelle piazze delle città italiane proprio contro le soluzioni proposte dal governo [11].
     Anche la loro azione di contestazione, che li ha condotti a prendere in considerazione più da vicino gli aspetti scolastico-istituzionali e soltanto vagamente di quelli pedagogici non è andata al di là del sonoro rifiuto del finanziamento alla scuola privata e, di rimando, non oltre la semplice richiesta di maggiori fondi per la scuola dello Stato.
     Soltanto secondariamente e in alcune occasioni di maggior riflessione è stata reclamata una più elevata qualità per la scuola pubblica, ritenendo, peraltro, che il suo raggiungimento dipenda soltanto e direttamente dai più sostanziosi finanziamenti alla scuola pubblica .
     Considerato che questa vexata qaestio è rimasta tanto a lungo irrisolta sul tappeto della nostra storia sociale e che oggi, a distanza di un secolo e mezzo dalla sua prima insorgenza, il dibattito è di nuovo tanto acceso, ma ancora una volta fuorviato, se ne deve concludere che occorre ricondurlo nel suo più proprio alveo, sia nella fase analitica che propositiva di soluzioni. Come si accennava sopra, si tratta di una questione piuttosto complessa e delicata, che va ben oltre il rapporto tra scuola privata e scuola pubblica, scuola cattolica e scuola laica, per la quale occorrono soluzioni più ampie, meditate e innovative.
     Come è stato già anticipato, la questione, più propriamente attiene all'identità istituzionale, alla configurazione e all'articolazione, al senso e alle finalità sociali del sistema scolastico italiano, da sempre in discussione e tuttora poco aggiornato, in cui il pluralismo dei soggetti istituzionali, laici e religiosi, privati e pubblici, scolastici e formativi, la diversità delle ispirazioni ideali, la compresenza delle utenze multietniche, multiculturali e multireligiose reclamano una risposta alla loro presenza, un'entità istituzionale accogliente di tutte le domande.
     La questione della parità scolastica, pertanto, costituisce una preziosa occasione per mettere in moto il movimento di riforma generale del nostro sistema formativo, da lungo tempo ingessato per il fallimento dei molti tentativi di mutamento mai giunti in porto a causa delle ben note ragioni ideologico-politiche. Contestualmente e conseguentemente alla soluzione della parità si possono avviare a soluzione anche i problemi più impellenti della scolarizzazione e formazione italiana: l'introduzione della cultura e delle procedure del controllo di qualità degli esiti e dello stesso sistema formativo, l'elevamento dell'obbligo scolastico al livello degli altri paesi europei, l'attribuzione di nuovi significati alla formazione professionale, primo fra tutti quello del legame stretto con il mondo del lavoro contemporaneo, lo sviluppo della longlife education, il riconoscimento e la valorizzazione del pluralismo delle agenzie educative....
     Se in termini politici (più esplicitamente elettorali) la rinnovata querelle della parità scolastica costituisce una questione alquanto spinosa per tutte le forze in campo, in quanto evoca ancora una volta i tortuosi rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa di Roma e, sia pure in misura ridotta, le altre Chiese cristiane e non, che possono comportare notevoli guadagni o perdite di consensi; viceversa, in termini scientifico-culturali o più propriamente pedagogico-istituzionali questa questione rappresenta un'opportunità di grande rilievo per la riflessione e ricerca educativa, da non mancare pena la sua perpetuazione nel limbo dell'accreditamento scientifico-culturale. Essa, avendo il merito di aver ricondotto in primo piano l'attenzione politico-culturale sul problema della scuola, sul sistema formativo italiano, su ogni suo aspetto e componente costituiva, compresa quella dei docenti, per lungo tempo rimasti sopiti o sepolti sotto la coltre delle diatribe ideologiche, può, viceversa, promuovere il sapere pedagogico al rango dei saperi costitutivi della conoscenza contemporanea, a patto che si occupi rigorosamente di questo suo oggetto epistemico fino alla proposizione di soluzioni appropriate ed innovative, credibili all'ascolto del potere decisionale fin qui poco propenso a farle credito.
     Considerata la posta in palio, se ne deve dedurre che la questione non può essere lasciata confinata al mondo politico e vagamente culturale, ma deve costituire un oggetto di indagine della riflessione e della ricerca pedagogica, che non deve limitarsi a rivisitare il mondo della scuola, ma approfittare per ripensare la sorte degli allievi mediante nuove forme di soddisfacimento del diritto allo studio, delle pari opportunità di formazione e realizzazione di se stessi, per ridefinire il ruolo delle famiglie alle prese con la loro libertà di scelta della scuola e della formazione per i figli, per ridisegnare profili e ruoli dei docenti di fronte alla loro libertà di coscienza e ai problemi della loro formazione e al soddisfacimento delle loro aspettative. Le scienze dell'educazione italiane, fra le quali la storia dell'educazione, la comparativistica, la sociologia e la filosofia dell'educazione devono mobilitarsi immediatamente, pronunciarsi in merito con la stessa tempestività che occorre alla presenza di un'evenienza imprevista.
     Poiché fin qui di questa questione fondamentale hanno discusso e discutono in termini più o meno umorali o occasionali, politici e politologi, sociologi e uomini di cultura in genere, l'invito della rivista telematica Icaro è rivolto ai pedagogisti italiani di qualsiasi parte ed estrazione ideale, affinché si riappropriino del loro campo di indagine, rivolgendovi il loro impegno scientifico.
     Ogni contributo sarà pubblicato sulla rete Internet al sito in intestazione. Dall'insieme dei contributi, inoltre, sarà formulata da parte del presidente della SIPED, prof. Cesare Scurati, una proposta articolata e comprensiva di ogni posizione espressa e adeguatamente giustificata sul piano teorico, da essere proponibile nelle fasi decisionali del mondo politico, parlamentare e governativo.

    Note
  1. L'insegnamento della religione in tutta la scuola pubblica, pur non considerandosi più la religione cattolica religione di Stato, il cui costo di circa 1200 miliardi annui, viene interamente sostenuto dallo Stato, sebbene i docenti siano nominati dalla Curia; il pagamento degli stipendi degli insegnanti della scuola materna parificata; i finanziamenti per la scuola materna, tenuta in grande quantità da istituti religiosi; che nel corrente anno scolastico ammontano a 406 miliardi, ai quali nel prossimo se ne aggiungeranno altri 346 previsti nel "collegato alla Legge finanziaria 1999, inoltre, i rapporti particolari che intercorrono tra i sistemi finanziari della Chiesa cattolica e dello Stato italiano: il versamento dell'otto per mille dell'IRPEF che nel 1998, ha significato un gettito di 1327 miliardi nello scorso anno, la franchigia dalle imposte di donazione o successione dei beni ecclesiastici, l'IRPEG versata soltanto per il 50%, i contributi alle missioni e quant'altro.
  2. Il testo del DdL è riportato nel paragrafo "Documenti".
  3. Il testo della legge n. 448/98 è riportato nel paragrafo "Documenti".
  4. Le proposte delle forze politiche, illustrate e riportate sotto, sono spesso frammentarie e per lo più limitate agli aspetti istituzionali.
  5. Per i dati sulle scuole e sugli allievi della scuola privata e pubblica cfr. "Dati Statistici"
  6. RUINI C., Intervista al "Corriere della sera", 27 novembre 1998
  7. GIOVANNI PAOLO II, Messaggio all'Assemblea Nazionale della FIDAE del 18 dicembre 1998.
  8. MARTINI C. M., Nota sul problema della parità scolastica, Appendice al Discorso per la vigilia di S. Ambrogio, Milano, Centro Ambrosiano, 1998
  9. Cfr. " Corriere della sera" del 22 dicembre 1998 e, di rimando, "Il Manifesto" del 23 dicembre 1998
  10. I 3 manifesti sono riportati sotto, nel paragrafo "Documenti".
  11. Le manifestazioni studentesche si sono svolte a più riprese a partire dall'inizio dell'anno scolastico 1998-99. Per quelle più rappresentative cfr. "Corriere della sera" 5. e 20 dicembre 1998.

 

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