Incontri d'autore

NICOLA CARRINO
La memoria del labirinto

di Sergio Gabriele



Mura ciclopiche piccole come granelli siderali, composte di archetipi fini a se', modulari del tempo che recuperano la primigenia consistenza di gratuita'. E' il vivere, che ormai comporta una somma reiterata che non trovera' mai il tempo della prova contraria.
Carrino compone e scompone nei contrari accurati di una terza dimensione, spaziando nel percorso cieco, rivisitando in un labirinto spettrale, ma sintetico la cosmogonia, l'assurdo metafisico.
Passeggiando fra le mura di ferro scomposte all'infinito non si trattiene l'eccitazione di una tabula rasa, di un segno pedissequo del limite, che in oltraggio alle tonnellate fa della liberta' un'opinione permeabile.
Le note sincretiche dell'organo fanno da briglie alla sosta dei pachidermi di una memoria troppo ingombrante. Le architetture si stabilizzano in un precario equilibrio universale, piantandosi salde nell'astanteria del cosmo.
La pace deriva dalla deificazione e insieme annullamento della fenomenologia umana, intesa ora come istinto a fare/non-fare. Che senso ha inerpicarsi per scale di ferro massiccio quando il primo soffio di guerra ci dilania e spazza via come fuscelli? E come ci si puo' sentire oppressi da mura ravvicinate, accalcate nell'abside di una chiesa, proprio come i fantasmi di guerra, se finalmente si e' capito che la perfezione non sta nella forma ne' nel limite, ma ancora una volta nella sostanza?
Le strutture di Carrino sorprendono, per l'estrema leggerezza del loro contenuto, e per l'ingombrante senso del loro perdersi, scomparire per difetto di dimensionalita' come polvere di secoli sotto lo zerbino di un presente irraggiungibile.