Dal Folio n° 17 marzo 1995
Una sentenza storica per le competenze dei Peri Industriali


LA SENTENZA DEL TARLAZIO DEL 14/2/95 REIATIVA ALLE COMPETENZE IN MATERIA DI SICUREZZA EGLI IMPIANTI TECNICI E UNA PIETRA MILIARE DI CHIAREZZA GIURIDICA PER GLI INGEGNERI E PER I PERITI INDUSTRIALI



Sulle competenze in materia di sicurezza degli impianti tecnici e tecnologici il TAR-Lazio ha messo la parola fine, con una sentenza emanata il 14 febbraio 95, riaffermando come gli ingegneri ed i periti industriali siano gli unici a poter esercitare, in via esclusiva, le attività e gli interventi previsti dalla Legge 46/90, (ossia, progettazione, collaudo e verifiche degli impianti di riferimento).
A riguardo, il Tribunale amministrativo ha raggruppato vari, e contrastanti, ricorsi sull'identico problema:
alcuni erano finalizzati a minare l'esclusività delle competenze già riconosciute per legge com'erano quelli avanzati, in un primo momento, da architetti, laureati in Fisica, chimici e geometri contro il D.M. del 22/4/92, contestato affinché allargasse le maglie dell'elenco dei professionisti abilitati;
altri ancora contro, invece, il D.M. dell'agosto 1992, con cui il Ministero dell'industria aveva corrisposto alla istanza di inserimento nell'elenco specifico dei laureati in Fisica e degli architetti, ricorso presentato al TAR-Lazio da ingegneri e periti industriali. In tale contesto di ricorrenti, sia pure con motivazioni diverse, si sono innestati anche i chimici, i quali, dal canto loro, eccepivano sia sul D.M. 22/4/92 citato, sia sul D.M. 17/3/93, rivendicando il possesso dei requisiti necessari a far parte dell'elenco dei professionisti abilitati alle verifiche previste dalla Legge 46/90. Per questi, il TAR Lazio ha riconosciuto le ragioni del ricorso, sottolineando il buon diritto a far parte dell'elenco in questione insieme ai periti industriali con specializzazione in Chimica Industriale, sempreché possano far valere - oltre alla laurea in Chimica - anche e soprattutto la specializzazione prescritta in Chimica Industriale.
Un esame a parte, e comunque nel contesto dell'intero processo amministrativo, il TAR-Lazio ha riservato al ricorso proposto dall'Ordine degli Ingegneri di Roma avverso il provvedimento del Rettore dell'Università di Roma, adottato il 31/7/921 che, incaricando un architetto al posto di un ingegnere per lavori da eseguire all'interno dell'Ateneo, configurava, a parere dell'Ordine ricorrente, situazioni di presunta irregolarità nell'affidamento dell'incarico.
Secondo il TAR-Lazio, l'atto rettorale non è da ritenersi idoneo a produrre alcuna lesione concreta, e diretta, dell'interesse della categoria, essendo un atto che rinviava ogni decisione finale di scelta ai professionisti competenti, posti a capo degli Uffici tecnici dell'Università all'uopo preposti. E, quindi, il ricorso, come tale, non «appare assistito dal prescritto interesse».
Il TAR-Lazio, poi, data l'intricata varietà dei ricorsi proposti sulla materia delle competenze sulla sicurezza degli impianti tecnici, inevitabilmente è entrato nel merito della tipologia professionale e tecnica sia dei destinatari delle competenze, sia di coloro che ritenevano - a torto - di possederle o di esserne stati artatamente esclusi.
E, partendo dall'esame intrinseco della Legge 46/90, che fissa in modo chiaro quali siano i requisiti essenziali, ed inderogabili, per rivendicare le competenze specificate dal Legislatore per gli iscritti agli Albi, ha proseguito il suo iter, affrontando anche il regolamento di attuazione della legge 46, soprattutto per la parte che rimanda alla competenza del Ministero dell'industria di formulare indirizzi uniformi per la formazione degli elenchi dei professionisti abilitati a verificare la conformità degli impianti di cui trattasi. Ed ha respinto al mittente il Decreto ministeriale che apriva gli elenchi dei professionisti, specificatamente idonei, agli architetti, ai laureati in Fisica e ai geometri; perché:
per i primi e per gli ingegneri, soccorre il R.D. 23/10/925 n. 2537, tutt'ora vigente, il cui capo IV individua l'oggetto e i limiti delle rispettive professioni, con particolare riguardo all'art. 51, medesimo Regio Decreto, che specifica «che cosa spetta all'ingegnere, anche per quanto riguarda le macchine e gli impianti industriali e, in generale, le applicazioni della Fisica»; dizione giudicata onnicomprensiva di capacità ed attribuzioni, in sintonia con la legge 46/90, e facenti capo a quel carattere di specificità ed approfondimento riguardanti proprio la pericolosità delle opere da realizzare e verificare. «Tanto non può dirsi», per converso, a parere del TAR, «per gli architetti, alla cui competenza, non esclusiva ma congiunta con quella degli stessi ingegneri», l'art. 52 del R.D. 2537/25 «rimette soltanto le opere di edilizia civile». Ed inoltre il riferimento sottolineato dagli architetti per quanto riguarda una lettura estensiva della norma per farvi rientrare gli impianti asserviti al singolo fabbricato è stato respinto dal Tribunale Amministrativo, in quanto, in base alla Legge 46/90, non assume rilievo il rapporto di strumentalità dell'impianto rispetto all'edificio, quanto piuttosto la sua specificità individuale ai fini di tutela della sicurezza di persona e cose perseguiti dalla legge in questione, che, peraltro, il TAR medesimo recita particolarmente pertinente laddove fa notare come la medesima legge imponga, per la quasi totalità delle opere ivi contemplate, una progettazione distinta ed autonoma rispetto a quella dell'edificio. E d'altra parte, afferma il TAR, «la Legge 46/90 non si riferisce solo agli impianti degli edifici civili, ma anche a quelli elettrici asserviti a tutti i tipi di immobili, per i quali la nozione allargata di edilizia civile, invocata dagli architetti, non può essere sostenuta ai fini che interessano, «atteso che la legge ... omissis... ha considerato la impiantistica come oggetto ormai autonomo e distinto dall'opera muraria nel suo complesso». La professione di architetto, nella sentenza del TAR-Lazio del 14/2/95, è quella «pur sempre e prevalentemente legata ad organizzare lo spazio-ambiente, secondo concezioni e nozioni estetico-umanistiche e psico-socio-ambientali», equindi, da escludere dai novero di quelle tecnico-ingegneristiche in senso stretto, come quelle prescritte dalla legge 46/90, in modo inequivoco;
e per i secondi (cioè i laureati in Fisica), il TAR-Lazio li ha esclusi "a priori" dall'elenco dei professionisti ritenuti idonei dalla Legge 46/90 e dal Decreto di attuazioné, in quanto privi di un Albo professionale ed il loro ricorso è da considerarsi inconferente ed erroneo, rispetto ad un parere del CUN, che faceva da supporto alle tesi di questi e degli architetti. Nello specifico di questi ultimi, «sia sotto il profilo ordinamentale che sotto quello accademico», il TAR sottolinea che «invocare, come fanno gli architetti, il D.M. 25/3/85, relativo agli elenchi esistenti presso il Ministero dell'Interno ai fini della prevenzione incendi, non basta il richiamo all'art. 1 del citato D.M., perché il successivo art. 2 dello stesso Decreto, che i ricorrenti "hanno omesso di ricordare", dispone che l'autorizzazione al rilascio delle certificazioni opera nell'ambito delle rispettive competenze professionali stabilite dalle leggi e dai regolamenti: con il che si torna al R.D. del 1925 ed agli ordinamenti didattici specifici».
Semmai, secondo il TAR-Lazio, c'è, invece, da ricordare, ad esempio, che in materia di professionisti abilitati all'omologazione e verifica di apparecchi, macchine, impianti e attrezzature tra cui sono ricompresi taluni impianti identici a quelli contemplati dalla legge 46 (ascensori e montacarichi, dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche) affida tali operazioni esclusivamente ad ingegneri e periti industriali, « con chiara esclusione degli architetti ». Né, ancora, per il TAR può valere a mutare o innovare il quadro normativa già delineato dallo stesso Tribunale, il richiamo al d.l.vo 27/1/92 n. 129, attuativo della Direttiva CEE nel campo degli studi di Architettura, perché, intanto, non risulta se e in che misura il d.l.vo in parola sia stato recepito dai singoli Statuti universitari, secondo i principi di autonomia didattica e scientifica sanciti dall'art. 6 della Legge 9/05/1989 n. 168 e, in secondo luogo, perché il decreto stesso impone soltanto una "conoscenza adeguata" dei problemi fisici e tecnologici al fine di rendere gli edifici intemamente confortevoli e proteggerli dai fattori climatici.
Lo smantellamento delle tesi degli architetti da parte del TAR-Lazio prosegue, poi, anche attraverso l'esame dei contenuti della specifica professione, desunti dalle particolari conoscenze tecniche degli interessati, attestate peraltro dai titoli di studio, che prevedono per gli ingegneri (rispetto ai citati architetti) ben due distinti esami di Fisica (I e II), un esame di Fisica tecnica e uno di Chimica organica ed inorganica obbligatoriamente secondo l'ordinamento degli studi della Facoltà d'ingegneria.
«Fino al momento della proposizione dei ricorsi di cui trattansi, lo studio specifico - sostiene il TAR - è rimasto meramente opzionale, nell'ambito della scelta di una fra le cinque discipline comprese nell'area impiantistica»; e «soltanto per uno dei quattro indirizzi (quello tecnologico), previsti dal DPR, n. 806/82, mentre è obbligatorio per tutti gli indìrizzi del corso di laurea in Ingegneria, che prevedono una serie di materie specifiche per l'attività impiantistica (TAR-Lazio, sez. li, 30 luglio 1990 n. 1477)».
E, tuttavia, il TAR-Lazio sottolinea, come informazione per i ricorrenti, che nel recente Corso di studio di Architettura del Politecnico di Milano per l'anno 1994-95, versato in atti del ricorso in esame e relativo ad epoca successiva rispetto all'adozione dell'atto impugnato, risulta un solo insegnamento fondamentale propedeutico di «Fisica tecnica ed impianti», contro i ben tre insegnamenti di Fisica Generale e tecnica del corso di laurea in Ingegneria.
Anche il richiamo alla tariffa professionale è stato respinto, in quanto è improprio, atteso che essa non è idonea a modificare le competenze fissate dalla legge professionale presa in considerazione.
Infine, respinge il riferimento alla mancata consultazione preventiva delle Organizzazioni professionali interessate, perché ritenuta inammissibile ed infondata, rispettivamente per difetto di interesse dal momento che il provvedimento del Ministero dell'Industria, impugnato, era il risultato di una «applicazione doverosa e non discrezionale di tassative disposizioni legislative non suscettibili di essere scalzate da una partecipazione di terzi, sia pure consultiva; e infondata per mancanza di una tassativa elencazione dei soggetti da consultare, a meno che - secondo il TAR - non si volesse far carico all'Amministrazione di far partecipare al procedimento specifico tutte le categorie potenzialmente inseribili nell'elenco.
Infine, il TAR-Lazio ha dichiarato non potersi accedere all'ulteriore censura dei geometri, per le cui, competenze professionali - in quanto incidenti sul Diritto Costituzionale al lavoro, non possono essere definite o delimitate con semplice provvedimento amministrativo, ma con atto di rango legislativo.
Per il TAR, la «affermazione è del tutto esatta in astratto, ma non alla luce della concreta considerazione per cui, nella specie, il D.M. impugnato non è innovativo, ma soltanto applicativo dei criteri fissati dalla speciale normativa professionale.
Il Collegio, per completezza di esame e di decisione conseguente, ha valutato anche i contenuti e le finalità della legge 428 del 1991, («Istituzione di elenchi di professionisti abilitati alla effettuazione di servizi di omologazione e di verifiche periodiche - a fini di sicurezza di apparecchi, macchine, impianti ed attrezzature»), riaffermando, coerentemente con tale legge, la esclusiva competenza professionale nello specifico ambito da parte di ingegneri e periti industriali.

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