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TESTATA RIVISTA


    A. Cartelli,  L'impianto normativo del Disegno di Legge sulla parità

     Presentato dall'On. L. Berlinguer, ministro della pubblica istruzione e ministro dell'università e ricerca scientifica e tecnologica durante il governo Prodi, il Disegno di Legge n. 2741, recante disposizioni per il diritto allo studio e per l'espansione, la diversificazione e l'integrazione dell'offerta formativa nel sistema pubblico dell'istruzione e della formazione, è stato riportato all'attenzione del Parlamento italiano dall'attuale governo D'Alema.
     Senza voler entrare nel merito dei problemi che l'eventuale approvazione del disegno di legge porrebbe, siano essi di legittimità nei confronti del dettato costituzionale, siano di natura morale rispetto al cittadino, siano di congruenza rispetto alle altre leggi dello Stato, già presi in considerazione in altro contesto di questa monografia, l'obiettivo che ci si pone con questa riflessione è l'analisi delle caratteristiche normative del documento e di quelle pedagogico-istituzionali in esso contenute.
     Probabilmente l'On. Berlinguer ed il governo con lui, hanno deciso di porre con forza il problema della integrazione dell'odierno sistema formativo, così variegato ed articolato da essere "spettatore" della convivenza nell'ordinario sistema scolastico de "il sistema della formazione professionale" e di "quello dell'educazione degli adulti affidati in larga misura all'iniziativa di enti di formazione professionale non statali, che accedono a finanziamenti regionali e comunitari" [2].
     Come si evince chiaramente dal testo della presentazione del decreto, la questione non risiede tanto nella ricerca della "parità" pubblico-privato fine a se stessa, quanto piuttosto nella definizione dei modi e delle regole che un sistema scolastico-formativo policentrico quale è quello odierno, permeato di problematiche ed istanze multiculturali, multietniche e multireligiose, deve darsi per essere funzionale e per rispondere alle esigenze dell'utenza, del mercato del lavoro e, più in generale, della società, uniformandosi ovviamente, al dettato normativo-costituzionale.
     La semplicità e linearità della proposta berlingueriana sono ben caratterizzate dall'esiguità degli articoli, quattro per l'appunto, all'interno dei quali viene enucleata, analizzata e risolta la questione della "parità" secondo il governo: nel primo articolo sono delineate le caratteristiche del sistema formativo ridisegnato, il quale risulta essere un sistema sostanzialmente nuovo in quanto prende in considerazione tutte le istituzioni attualmente funzionanti in termini più o meno paritari; nel secondo sono fissati i requisiti a cui deve rispondere l'offerta formativa per avere maggiore legittimità; negli ultimi due articoli, infine, sono regolamentati gli interventi per il diritto allo studio, l'incentivazione della scolarizzazione, l'istruzione e la formazione, rispettivamente nei confronti degli studenti e delle loro famiglie, da un lato, e degli adulti, dall'altro. Questo come si vedrà costituisce altro punto di rilevante innovazione.
     Esaminando più in dettaglio l'articolato si rileva innanzitutto l'impegno che il governo ha dovuto affrontare nel tentativo di ricondurre il suo intervento risolutivo in un quadro formativo unitario [3]. In esso, infatti, viene affermato il principio che "la Repubblica individua come obiettivi primari la generalizzazione della domanda d'istruzione e l'espansione dell'offerta formativa, e riconosce il valore ed il carattere di servizio pubblico a tutte le iniziative private che sono in linea con gli ordinamenti sull'istruzione oltre ad essere coerenti con la domanda formativa" [4]. La soluzione evidenzia il carattere di novità e l'intento di non creare stati di insoddisfazione da parte di alcuno, ma la stessa soluzione non lascia tutti completamente soddisfatti. A tale affermazione di principio segue il tentativo, a nostro avviso piuttosto ben riuscito, di ridefinire l'accezione di pubblico e privato al di là di quella tra statale e non statale. All'interno del sistema pubblico dell'istruzione si applica la denominazione di "scuole pubbliche paritarie", sia a quelle non statali in senso stretto, sia alle locali, purché l'offerta formativa risponda a dei requisiti prefissati e pervenga a livelli di qualità in precedenza previsti [5]. A completamento di questo impianto in cui vengono rivisitati i concetti di pubblico e privato, statale e non statale, laico e cattolico, viene affrontato anche il problema delle risorse materiali a cui queste istituzioni possono accedere per attuare l'offerta formativa e vengono individuate risorse proprie, sostegno da parte del bilancio dello Stato e risorse comunitarie. Rispetto a questa delicata questione, che chiama in causa direttamente il dettato della costituzione (art. 33), il testo del decreto governativo, pur evitando l'illegittimità anticostituzionale, non riesce ad essere tanto creativo da non prestare il fianco a delle critiche di più parti politiche ed ideali.
     Infatti negli artt. 3 e 4, ove vengono definite le modalità dell'intervento per il diritto allo studio, si evita l'impossibile finanziamento diretto alle istituzioni scolastiche private, riscuotendo l'insoddisfazione di queste ultime, e, pur concedendo dei corposi stanziamenti per i bisogni degli allievi e pur prevedendo sgravi fiscali per le famiglie [6], la soluzione non incontra il favore della controparte, lasciando così la questione ancora in buona parte aperta.
     Tuttavia non è questa l'unica fonte di preoccupazione. Infatti si rinviene ulteriormente nel testo da un canto l'aspirazione, sempre proclamata dell'On. Berlinguer, di voler realizzare una scuola di qualità, in quanto al suo interno si delineano i requisiti dell'offerta formativa, i cui livelli di efficacia ed efficienza devono essere adeguati al conseguimento del successo formativo, ma, d'altro canto, si ritrovano anche luci ed ombre che si alternano e che necessitano di un chiarimento oltre che l'adozione di scelte che non saranno di poco conto per il futuro del sistema formativo italiano. Ci si riferisce non tanto all'individuazione delle caratteristiche dell'offerta formativa che, pur con gradualità, deve attuarsi mediante l'utilizzo di sedi, strutture e attrezzature adeguate, con l'adozione di fini e ordinamenti didattici conformi a quelli delle corrispondenti istituzioni pubbliche, con l'accoglienza di chiunque accetti il progetto educativo anche se dotato di handicap, con l'idonea qualificazione professionale del personale, con un'organizzazione democratica e partecipativa, con la collaborazione all'integrazione dell'offerta formativa e con la trasparenza e pubblicità di gestione e di bilancio [7]; quanto piuttosto al richiamo ad un sistema di valutazione non ancora del tutto definito. Nell'intenzione del legislatore, infatti, per evitare che metri di riferimento e canoni di uniformazione rappresentino solo ed esclusivamente una dichiarazione di intenti, si rinviene esplicitamente (sempre nell'art. 2) la dichiarazione di inserimento delle "scuole pubbliche paritarie" all'interno del sistema nazionale di valutazione, con i medesimi standard stabiliti per le scuole pubbliche. Né manca l'espresso richiamo all'obbligo, da parte delle scuole paritarie, del rispetto dei contratti collettivi di lavoro (sebbene ad esse venga concessa la possibilità di ricorrere, per al massimo un quarto delle prestazioni erogate, a personale docente volontario o ad utilizzo di personale con contratto di prestazione d'opera).
     Il dibattito parlamentare, quindi, dovrà sciogliere in maniera univoca il nodo del sistema di valutazione, ci si augura anche con il contributo determinante della pedagogia italiana, cui sicuramente non mancano né le idee, né gli strumenti per poter fornire indicazioni specifiche ed utili per la definizione dell'identità e della configurazione di tale sistema. Il dibattito teorico, più speficatamente docimologico, dovrà contribuire a configurare il definitivo licenziamento del provvedimento legislativo al fine di proporre un sistema scolastico-formativo al passo con le esigenze della società contemporanea ed evitare, viceversa, che ancora una volta si perda un'occasione apparentemente riferita al problema della parità, ma sostanzialmente diretta alla riforma organica del nostro sistema scolastico.

 

    Note
  1. Presentazione del DdL n. 2741
  2. Idem
  3. Art. 1 DdL n. 2741
  4. Idem
  5. Art. 2 DdL n. 2741
  6. Artt. 3 e 4 DdL n. 2741
  7. Art. 2 DdL n. 2741

 

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