striscia.GIF (10781 byte)

Home Organizzazione Informazioni POF 2010-2011 Lavori in corso Progetti attuati Dedicato a .. Di Biasio L'angolo dei ragazzi Centro EDA Ufficio di presidenza

horizontal rule

Gaetano Di Biasio
Cassino, 1877-1959.

Brillante penalista, conferenziere, giornalista, poeta ed onesto politico. Ha pubblicato "La rupe Tarpea" (tragedia) "Larve", "La Selva" (liriche) "Amintore il saggio", (favola omerica) "Giovanni Pascoli e la sua poesia", (studio critico) "Le lettere di Antonio Ranieri". Ha tradotto in versi per la casa Editrice Paravia l'"Eneide" di Virgilio. Delle sue pubblicazioni, molto apprezzate, si sono occupati G. Gozzano ne "l'Eroica", il prof. Gnerghi nella sua critica, C. Baccari nel "Rapido", giornale di Cassino, T. Vizzaccaro nel volume "Gaetano Di Biasio, primo sindaco della ricostruzione".

dibiasi.bmp (575498 byte)

horizontal rule

          La figura di Gaetano Di Biasio nel discorso commemorativo, nel ventesimo anniversario della sua morte, del prof. Donato Anatrella, preside dal 1965 al 1992 della nostra scuola, intitolata a Di Biasio proprio per sua iniziativa.
    L'amministrazione comunale ha voluto che in occasione del ventennale della morte dell'Avv. Gaetano Di Biasio, avvenuta nel 26 novembre 1959 a 82 anni, io ne rievocassi a voi giovani delle scuole di Cassino la figura e l'attività. Ho una tale età, ho vissuto gli anni dal 1943 al 1958 lontano dal nostro paese, in quel di Roma e nel Molise, tranne la breve parentesi del 1954 a Pontecorvo, per potere con cognizione di causa dire della vita multiforme di Gaetano Di Biasio, ma ho amato ed ho ancora nel cuore e davanti agli occhi la cara immagine della Cassino dei miei quindici anni per non poter tratteggiare la persona di Lui, che fu parte della vita di Cassino, segno ad un tempo della sua unità e delle sue contraddizioni.
    Ho accettato con umiltà perché onorare un cittadino benemerito, per giunta divenuto primo cittadino, anche dopo tanti anni, è un dovere imprescindibile dei reggitori della cosa pubblica e dei cittadini amanti del proprio paese.
A Gaetano Di Biasio è intitolata la via di accesso al centro della città, a Gaetano Di Biasio è stata intitolata, per mia iniziativa, al primo atto di preside titolare, la scuola che guido dal 1°-10-1965; di lui il prof. A. Di Zazzo, attuale preside della media "Diamare" scolpì nel 1969 il busto che vedete e ne fece dono alla Scuola, in una bella cerimonia in cui un altro nostro coetaneo l'Avv. Guido Varlese, allievo di Di Biasio, ne esaltò con me ed il preside Angelo Gaetani i meriti e le virtù.
    Parrebbe a taluno forse eccessivo ripensare a Lui a vent'anni dalla sua morte; ma invece non è vano ricordarne, con voi che vi accingete a dare al futuro della città il contributo della vostra vita, l'eredità non effimera di opere, di affetti, di stimoli morali, culturali, spirituali, che a noi giovani di allora, oggi uomini maturi, ha lasciato Gaetano Di Biasio.
    Non possiamo certamente accostare la Cassino di oggi a quella di ieri; son passati 36 anni dal 10- 9-1943 quando con il primo bombardamento iniziò il Calvario di Cassino e son trascorsi oltre 100 anni dalla nascita di Di Biasio.
Ecco perchè vedete qui alcune immagini della Cassino che non è più.
    Alcune si riferiscono all'immediato periodo anteguerra del 1940, le altre alla Cassino del periodo 1915-20, quella che vide la piena maturità spirituale e culturale di Di Biasio, non quella politica giacché‚ secondo me, essa si dispiegherà completa e significativa dopo la totale distruzione di Cassino.
    Esse vogliono darvi un'idea della città di allora; dietro la facciata qui tanto bella, c'era tutta una realtà di sofferenza, di abbandono talvolta, di miseria, che potreste individuare, se non ne avete esperienza diretta, attraverso le parole evocatrici di Filumena Marturano; chi non ricorda la Filumena di Edoardo De Filippo?, quando nella scena madre della commedia parla a Don Mimì della vita dei "bassi", del suo basso...
    Ma qui ci soccorre la prosa efficace e realistica di un altro cassinate dimenticato, parlo, del giornalista e scrittore Ezio Antonio Grossi, che con lo pseudonimo di Rossi cosi descrisse il quartiere di San Giovanni: un quartiere del paese, malfamato perché ricettacolo di miserabili, di gente affamata e priva di risorse, di donne anziane e già sfiorite nel tempo... Era il quartiere di San Giovanni...
    " ... Il quartiere era tutto dei suoi abitatori e l'estraneo che vi passava, per diporto o curiosità, era subito guardato con sospetto e diffidenza, e se vi passava la seconda volta, fatto segno magari ad un getto d'acqua equivoca, al tiro di un torsolo o d'altra cosa fradicia. Case cadenti e bislenghe, tuguri che si reggevano per miracolo, grondaie sospese nel vuoto e sempre sul punto di staccarsi e cadere sul selciato, porte e portoncini fessi o rabberciati, scalette esterne di legno fradicio e marcito che menavano ad un piano superiore ove si accedeva pericolosamente per anditi senza usci, finestrelle senza infissi o con infissi senza vetri.
    Da casa a casa pertiche o canne, lunghe per tutta la lunghezza del vicolo che le separavano, appoggiavano a due opposte finestre e servivano all'uno e all'altro abitatore, per stenditoi di biancheria appesa ad asciugare, vergognosa e lacera, meschina e variopinta, per rattoppi sovrapposti.
    Al calare della sera tutto il quartiere piombava nel buio pauroso e sconcertante, le persone che rincasavano parevano ombre quando passavano accanto ad un uscio dal quale filtravano specchi di luce d'una stearica che si allungava per tutta la lunghezza del vicolo...
    In quest'epoca, in questa Cassino nasce nel 1877 Gaetano Di Biasio, in via S. Libera, in una casa d'origine medievale. Suo padre Antonio Di Biasio, come tanti  un modesto calzolaio, sua madre Benedetta Gallozzi è calzettaia e fruttivendola: due onesti, laboriosi genitori, desiderosi soltanto di vedere il figlio vivere un giorno una vita migliore della loro.
    Lo mandano perciò a scuola, le Scuole Pie, ex fabbricato dei padri Scolopi: lo tengono agli studi anche dopo le elementari, con grandi sacrifici. Allora la scuola costava sangue ed umiliazioni per la gente umile e povera; il padre è costretto ad indebitarsi. Al pomeriggio intanto manda il giovane Gaetano a bottega; eccolo scrivano nel negozio di tessuti di mastro Raffaele Torino, ma è stato anche nel salone del barbiere Romeo Pittacci.
Poi Di Biasio continua e completa gli studi ginnasiali e liceali al Convitto di Arpino, ove ha come maestri docenti d'alto valore, lo Steiner, autore di un celebre commento della Divina Commedia, ed il poeta Arullami; il padre dalle 20 lire iniziali arriverà a pagare 40 lire per mantenervelo; si pensi che un professore prendeva 95 lire mensili, si può pertanto commisurare e valutare il sacrificio paterno.
    Al quale probabilmente il padre è spinto dall'orgoglio e dalla gioia di vedere oggi il figlio crescere nella stima degli altri e domani essere per altezza d'ingegno e ricchezza d'interessi alla pari dei migliori professionisti. Certamente il padre intuisce che nel figlio potrà trovare riscatto e realizzazione la sua ansia antica, come quella del popolo, di liberarsi dalla soggezione in cui i ricchi e le classi dominanti sempre, in un modo o in un altro, in ogni epoca han cercato e cercano di tenere i poveri e gli indotti.
    Intanto il giovane Di Biasio, nel 1895, prende la maturità classica e si trova di fronte alla scelta della facoltà; è in questo periodo scrivano nella cancelleria del Tribunale di Cassino prima, presso la ditta Morese, fornitrice di legname alle FF. SS. poi; ma abbandona la prima per incompatibilità con il cancelliere ignorante, la seconda per l'indecoroso trattamento economico, 100 lire per 6 mesi di lavoro. S'individua già nel suo carattere una certa insofferenza disdegnosa per tutto ciò che sa di burocratico e raffrenante del sano e giusto operare, e l'atteggiamento ribelle contro i soprusi, le vessazioni del potere cieco ed inconsulto.
    All'Università andrà con l'aiuto dell'avv. Benedetto Nicoletti, Presidente del consiglio provinciale di Caserta, che lo stima e gli fa ottenere una borsa di studio di L. 50; sceglierà non lettere come forse desiderava, ma legge. Forse indottovi dalle considerazioni di un amico, il prof. Enrico Cocchiara. La madre alle sue osservazioni, gli dice: "Figlio mio, fa' come credi !".
    In questo periodo dal 1895 al 1901 il contatto con l'ambiente universitario napoletano, allora così fervido di attività letteraria culturale e politica, la lettura appassionata ed assidua delle opere di Mazzini, Carducci, dei classici italiani e stranieri anche attraverso i rapporti di amicizia con Raffaele Valente, poeta estroso e polemista pungente, con Carlo Baccari, poeta e scrittore amabile e delicato, con il tipografo suo parente Raffaele Mentella, anarchico d'idee e di temperamento, lo portano all'impegno politico che nel 1906 lo costringerà ad un processo, intentatogli dall'amministrazione del cav. Martire, peraltro favorevole alle sue tesi.
Dirà di sè, nella prima poesia della raccolta giovanile "Le Larve",
    Ai venti: Io su l'ali dei venti, sul turbo / de le immani passioni vo' scrollar la mia chioma / come il pino su me/ e le balze più aspre e i torrenti / assordanti varcare: Vincere o naufragare!/ urlano essi a me.
    Sposatosi il 20-4-1903 con Antonietta Salveti, che amerà d'un amore dolce e silenzioso e chiamerà "mia candida anima" "bianca e dolcissima", inizia la sua stagione letteraria, che gli darà fama e stima non solo cittadine; emerge fresca ed abbastanza personale la vena poetica, riaffiora la sua vocazione antica, ed eccolo pubblicare per i tipi di Aurelio Malatesta nel 1908 "Larve - La Selva", nel 1909 la tragedia in versi "Rupe Tarpea"; nel 1911 al teatro Argentina di Roma commemora il poeta anarchico Pietro Gori; ancora per il partito anarchico, per invito del Mentella, trasferitosi a Roma, sul Gianicolo ricorda la figura di Carlo Pisacane, già mazziniano, socialista libertario; nell'aprile del 1912; nel trigesimo della morte, analizza a Cassino Giovanni Pascoli e la sua poesia.
    Poi c'è l'episodio del maggio 1912, quando viene prima arrestato e poi liberato dopo un drammatico confronto con l'anarchico Antonio D'Alba, che lo aveva accusato d'essere stato lui ad incitarlo ed a consegnargli 100 lire e la pistola con cui aveva attentato alla vita del Re. L'episodio è emblematico e della sua grande bontà, perché perdonò il poveretto, e dell'amore e della grande stima che per questo giovane avvocato nutriva il popolo di Cassino.
    La sera, dopo le venti, del 27 maggio il paese era in festa; si svolgeva la processione della Madonna della Rocca, alla luce delle candele e delle fiaccole; il popolo, numeroso, ad un certo punto abbandona la processione, appena viene a sapere dell'arrivo di Di Biasio liberato e si riversa verso la stazione; qui è trattenuto oltre i cancelli, ma è entusiasta quasi invasato; ha ritrovato un amico, il figlio difensore della sua battaglia; lo aveva accompagnato alla partenza per Roma, ora gli si affolla attorno ed esprime la sua gioia, alla sua maniera, con canti, fiaccole, chiassosamente; gli testimoniava così l'affetto, la venerazione mai prima mostrati verso altro cassinate illustre.
E l'impegno per quel popolo che lo idolatra diventa più intenso nell'amministrazione comunale di Caio Fuzio Pinchera; è uno dei più attivi anche nel richiamare il sindaco ai suoi doveri verso la collettività e verso la corretta amministrazione.
    Nel 1915 fonda con Carlo Baccari ed il validissimo prof. del Liceo classico Manzella-Frontini la rivista "Le Fonti" cui collaborarono attivamente scrittori, poeti, artisti cassinati e della provincia e nazionali come Leonida Repaci, Pavolini, Govoni. Vi pubblica una favola omerica interessante "Amintore il saggio" componimento fresco, vivace, per una sua originale ispirazione non più riflessa dal suo Carducci e diversi saggi critici sul Carducci, Dante, Virgilio, Cristo, S. Benedetto.
    Forse questo suo lavoro artistico, che lo costringe alla continua riflessione, forse il contatto quotidiano con la realtà meschina che si cela dietro le cause, certo l'esperienza che ormai si è fatta del mondo, in cui vive, lo portano all'analisi spietata eppur vera della pagina che vi legge e che richiama proprio la Cassino 1915.
    Questo popolo composto di fabbri, falegnami, calzolai, maniscalchi, muratori, scalpellini, barbieri, calzettai, panettieri, piccoli commercianti, tipografi ... ancora nel 1915 viveva una vita grama e semplice; continuava ad associarsi nelle società operaie, ma la guida era nelle mani dei professionisti, pur se il capitale sociale per il 70 % era operaio; funzionava il Consiglio Comunale, ma per l'80 % era formato in prevalenza da avvocati, notari, proprietari terrieri quasi tutti di ambiente medio borghese; si riproduce a Cassino la classica dicotomia della società meridionale, che tanta responsabilità ha avuto nel ritardo del progresso e dell'incivilimento del sud.
    Questo ambiente piccolo, chiuso, questo piccolo mondo visto nella sua dimensione reale, tale rimane necessariamente perché i rapporti, i legami con gli altri paesi, con il grande mondo della cultura e della politica sono quasi evanescenti, limitatissimi; son la miseria, le situazioni indecorose della società quasi esclusivamente contadina in Cassino, la vita culturale imperniata su temi e problemi estranei alla vita del popolo a non interessare il popolo stesso; finora nessuno lo ha guidato, né ama guidarlo a capire, a rendersi conto, quasi nessuno lo aiuta in fondo a capirsi.
    Poi, dopo la guerra, ecco il fascismo con tutte le conseguenze.
    Gaetano Di Biasio, dopo il tentativo non riuscito della elezione al Parlamento nella lista dei socialisti riformisti dei Beneduce, possiamo dire ripiega su se stesso, e cura la professione ed i suoi studi.
    Noi lo ricordiamo quando con passo calmo ed elegante, alto, eretto nella persona, bello, fiero con la lunga chioma leonina incedeva nella piazza del Duomo e rispondeva al tuo saluto, cortese con un leggero moto della testa verso di te.
    Sapevamo del suo antifascismo, della sua provenienza popolare, della sua bontà; del suo galantomismo ed imparammo allora anche noi ad amarlo come i nostri padri, ad imitarlo per quanto fosse possibile ai nostri 16 anni inesperti e privi di quel supporto culturale ed ambientale ormai scomparso con il fascismo, di cui poté godere la generazione precedente. E leggemmo di Lui la traduzione dell'Eneide, commentata dal prof. Gaetani nostro zio, che è stato preside di questo Liceo. Opera pregevole soprattutto per la ricerca veramente originale di riprodurre nel verso italiano il ritmo dell'esametro latino e per la padronanza della lingua latina da lui dimostrata.
La stagione piena, più fervida d'iniziative e di opere dell'avv. Di Biasio è a mio avviso quella che interessa la sua attività politico-amministrativa dalla fine della battaglia di Cassino - Giugno 1944 - Maggio 1949.
    Di fronte alla catastrofe, sin dai primi momenti, è là dove necessita l'aiuto ai derelitti, ai bisognosi; eccolo collaborare con l'abate Gregorio Diamare, con don Oderisio Graziosi subito dopo il bombardamento del 10-9-1943; a Valvori, a Fiuggi viene incontro ai Cassinati come può; poi, nel giugno 1944 dopo l'arrivo degli alleati a Cassino, il prefetto Zanframundo, funzionario saggio evidentemente, sceglie in quel momento la persona unica, più adatta ad essere il sindaco di una città distrutta, che deve essere ricostruita. Un incarico di tremenda responsabilità. Per Cassino, comunque, il segno del destino, una fortuna, perché ritrova il sapore della vita, lo slancio verso il suo nuovo avvenire.
    Il merito più grande di Di Biasio, Sindaco della ricostruzione: impone all'attenzione della nazione, anch'essa prostrata e dissanguata dalla guerra insensata e dalla ferocia nazifascista, il nome ed il sacrificio di Cassino.
    Ha davanti a sé un paese inesistente, quotidiana la sventura, la mancanza assoluta di tutto, specie le medicine; le malattie, la malaria perniciosa che miete vittime a decine; le campagne sono infestate dalle mine, i Cassinati, già adusi per atavica abitudine a chiedere, urgono con pressanti implorazioni, e talora imprecazioni; lavora in mezzo alla cattiveria di gente accorsa da ogni parte d'Italia, all'incomprensione di tanti, talvolta anche di qualche collaboratore, che lo mette in difficoltà. Si batte come un leone, chiede a tutti e tutto, reclama il diritto alla vita dei suoi compaesani e degli abitanti del Cassinate, protesta per il ritardo degli aiuti, viaggia per lungo e per largo alla ricerca di amici, specie quelli di un tempo, Persico, Bonomi, De Nicola perché alla rovina della guerra non si accompagni l'irriconoscenza della nazione e della capitale, che dal lungo protrarsi della battaglia a Cass¡no, ove le forze di Hitler si sono dissanguate, han tratto per larga parte salvezza.
    Oh, i suoi messaggi al Presidente Roosevelt, al presidente Truman degli Stati Uniti! Appaiono patetici, sembrano ingenui ad una rilettura odierna, ma anche se sulla sua "Voce di Cassino", consapevole ricordava il verso virgiliano (il libro dell'Eneide): " Una salus victis: nullam sperare salutem" tuttavia Egli non si stanca di ricordare agl'immemori che da Cassino, simbolo della distruzione dell'Italia, deve iniziare il cammino della rinascita della Patria.
    Tutto preso dall'immane fatica, forse non s'avvede in un primo tempo che distrutto il paese, vinto il nazifascismo, urgono altri problemi, la questione istituzionale, il riassetto politico, le lotte tra le forze politiche emergenti, antiche e nuove, che già nel periodo nazista si sono scontrate, evidenziando pur nell'unità della lotta al fascismo le future impostazioni.
    Ed a Cassino, di pari passo alla sua azione incessante che ottiene i primi importanti risultati sul piano amministrativo; la costruzione delle prime abitazioni, il ripristino dell'istruzione, delle comunicazioni interne, degli uffici pubblici, specie del Tribunale per il quale Cassino farà una battaglia memorabile, l'impostazione corretta dei grandi problemi, l'ospedale, il liceo, ecc... talora appoggiando, talora contrastando l'azione di Di Biasio, stanno emergendo nuove forze. Sono generazionali prima che politiche, comuniste, socialiste e cattoliche. Specialmente queste ultime, anch'esse nella parte più vivace, provenienti dal ceto popolare, formatesi durante gli anni del fascismo sul piano culturale-religioso nel Ricreatorio cattolico, sorto per opera dell'abate Diamare - è sintomatica la coincidenza - nel 1912, l'anno della vicenda di Antonio D'Alba, innestano con il loro slancio giovanile, permeato sì di ambizione ma di ansia sincera di rinnovamento democratico, un processo di sviluppo sociale e politico della loro azione volta anch'essa al progresso della città in fase di ricostruzione.
    Gaetano Di Biasio, forse intuendo il mutarsi delle situazioni politiche e convinto della necessità di uno sforzo comune dei Cassinati e dei paesi vicini, fonda l'Associazione dei Comuni "dalle Mainarde al mare" per la difesa dei diritti delle popolazioni offese dalla guerra, e con alcuni tecnici e funzionari intelligenti l'Ente per la ricostruzione del Cassinate, Ericas; due iniziative aggreganti che partendo dal basso, dalla volontà degli stessi cittadini potrebbero avere uno sbocco coerente sul piano etnico, morale, sociale, economico e politico anche per il futuro tale da eliminare col tempo quell'atonia morale, quel disinteresse per la cosa pubblica che Egli lamentava nella vita di Cassino nel 1915.
    Certamente il Di Biasio ebbe momenti di scoramento (ricordo una sua risposta sconsolata ad una mia lettera di incoraggiamento nel 1946) ma lo sorresse costante il senso del dovere e la fiducia dei Cassinati migliori, anche di chi era lontano dal paese, e lo spettacolo della sofferenza continua del suo popolo.
    Poi lo spazio politico che fin a questo momento Egli ha occupato con la grandezza ed il prestigio, direi carismatico della Sua persona, comincia a poco a poco ad essere insidiato dalla nuova generazione, di cui si diceva poc'anzi; la città effettivamente progredita sul piano delle comunicazioni di massa (giornali, riviste, radio ecc ... ), della rapidità dei contatti con le centrali politiche, della effettiva possibilità di realizzazione delle opere progettate a poco a poco articola un suo discorso politico variegato ed esasperato.
    Per cui, quando pare che l'ultimo colpo d'ala, l'elezione al parlamento di Gaetano Di Biasio nelle file del Partito Repubblicano, stia per concludere degnamente e giustamente tutta una vita spesa con abnegazione al servizio del paese, si spezza quel filo tenue, ma tenace che per tanti anni ha legato le sorti di Cassino e del suo grande figlio.      L'elezione mancata nell'aprile 1948 e successivamente della nuova giunta presieduta dal nuovo sindaco on. Pier Carlo Restagno, un piemontese particolare, innamorato di Cassino e della sua epopea, determinano l'avvocato Di Biasio alle dimissioni dall'Associazione dalle Mainarde al mare e dall'Ente per la ricostruzione del Cassinate.
    Nel maggio 1949 in una dichiarazione serena e lungimirante, che ancora una volta lo rende altamente benemerito del paese, afferma sebbene riconfermato quasi unanimemente alla presidenza: " Dimettendomi avrei piacere che presidente dell'Associazione fosse proprio l'on. Restagno, il quale molto più di me, molto meglio di me, potrà adempiere a questo mandato". Nella primavera del 1950 si dimette anche da membro dell'E.RI.CAS.
Il suo grave compito, la sua missione sono ormai finiti.
    Novello Cincinnato, pago del dovere compiuto, si ritira nell'umiltà della sua giornata terrena, forse ritorna a leggere le sue carte sparse ed i suoi amati autori dell'età giovanile.
Schivo, com'è degli onori, in procinto di trasferirsi a Lecce, accetta dal Consiglio Comunale nella storica seduta dell'11-6-1955 la medaglia d'oro, concessagli con una motivazione nobile e generosa.
    L'abbraccio che seguì tra il sen. Restagno, che lo volle vicino al suo scranno di sindaco, e l'avv. Di Biasio suggellando con l'aureo riconoscimento l'amicizia di due Uomini di vecchio stampo, indicava alle nuove generazioni la via maestra da seguire per il progresso economico ed il rinnovamento sociale e politico della vita di Cassino.
nahome.gif (1004 byte)